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La via della teshuva

Un giorno una parola – commento a Geremia 24, 7

Darò loro un cuore per conoscere me che sono il SIGNORE; saranno mio popolo e io sarò loro Dio, perché si convertiranno a me con tutto il loro cuore
Geremia 24, 7

Questa è la parola ch’egli ha diretta ai figli d’Israele, portando il lieto messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di tutti
Atti degli apostoli 10, 36

La parola ebraica teshuva ha due significati: «tornare indietro» e «convertirsi». Il messaggio di Geremia gioca su entrambi; la conversione sul piano della relazione con l’Eterno sarà la base del ristabilimento del Popolo nella sua terra di origine. Il capitolo 24, pur nella sua brevità, appena dieci versetti, è abbastanza complesso. L’oracolo si apre con la visione dei due canestri colmi di fichi freschi. Apparentemente la frutta è uguale in tutti e due i contenitori. In realtà invece solo il primo contiene frutta commestibile e gustosa. Il contenuto del secondo, invece, è cattivo e quindi sarà distrutto.

La distruzione, riferita ovviamente a una parte del popolo di Giuda, è terribile: Manderò contro di loro la spada, la fame, la peste, finché siano scomparsi dal suolo che avevo dato a loro e ai loro padri (24, 10). Per la precisione si tratta di coloro che durante la prima fase della deportazione in Babilonia sono rimasti in Giudea sotto la sovranità traballante di Sedechia. In II Re 24, 19-20 la valutazione della sua politica è alquanto negativa: Egli fece ciò che è male agli occhi del SIGNORE (…) Sedechia si ribellò al re di Babilonia. Questa ribellione portò alla distruzione di Gerusalemme, alla deportazione definitiva e forzata dei suoi abitanti e alla fine della monarchia in Giudea, ridotta a una poco significante provincia dell’impero babilonese.

Ogni governante deve essere pronto ad assumersi le conseguenze delle proprie azioni. Per Sedechia tali conseguenze furono durissime: costretto a guardare la morte dei propri figli e poi accecato dai soldati babilonesi morì in esilio. Ci sono situazioni in cui questa regola (ma non necessariamente la sorte di Sedechia) vale anche per interi popoli. Si tratta però di una regola la cui validità è circoscritta alla storia umana e alle relazioni umane. Il cuore della persona credente sa che all’interno della relazione con colui che è il Signore della storia la via della teshuva è sempre aperta.

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