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Un libro contro le false notizie sulle migrazioni

Intervista a Furio Colombo: il suo ultimo volume, "Clandestino", mira a smascherare le false narrazioni di pericolo relative al tema della gestione dei flussi migratori

«L’assenza di risposte politiche adeguate alla questione migratoria, esasperare la presenza dello “straniero cattivo” sui mezzi di comunicazione, favorire un generale senso di disagio e paura sociale, ignorare in maniera sistematica ogni proposta di buon senso in materia di accoglienza. Tutte queste azioni non vanno lette come tristi caratteristiche di un singolo governo nazionale, ad esempio il nostro, ma sono il frutto di un disegno di portata internazionale, una ragnatela tessuta da soggetti come Steve Bannon, il losco consigliere di Donald Trump, impegnato a finanziare i movimenti di estrema destra, soprattutto in Europa. Non è il solo, basti pensare a tutti i sospetti che circondano la Russia di Putin e il ruolo tenuto da Mosca nelle elezioni di mezzo mondo, a partire da quelle americane». In un ampio contesto globale Furio Colombo colloca dunque quella che viene definita l’emergenza del secolo: la gestione delle migrazioni. Ma di emergenza il giornalista e scrittore non vuol sentire parlare: «l’arrivo di alcune migliaia di persone, fossero anche alcune decine di migliaia, in uno Stato moderno non dovrebbero mai essere un problema. Ricordiamo che ci sono nazioni come il Libano, l’Uganda che ne ospitano a milioni nei propri confini, nonostante siano due paesi non certo con economie avanzate quali quelle occidentali».

Dunque non siamo sotto assedio, nessuna orda di barbari preme ai nostri confini, tanto che la percentuale di profughi presenti in Italia è inferiore rispetto a quello del resto d’Europa. E’ una delle tesi principali del nuovo libro di Colombo, “Clandestino - La caccia è aperta”, pubblicato a giugno per l’editrice “La nave di Teseo”.

Si tratta di una raccolta di scritti, e in particolare delle risposte ai lettori del “Il Fatto Quotidiano”, giornale di cui Colombo è editorialista e curatore della rubrica delle corrispondenze.

Come smontare dunque queste narrazioni, queste tendenze?

«Con i numeri. Ripetuti, spiegati, sono il migliore antidoto possibile. Certo serve una classe politica e dirigenziale capace di offrire alternative, capace di capire il mondo e fornire ai problemi delle risposte che diano speranza, visione. Le sinistre invece, per inettitudine o per dolo, sono cascate spesso nel tranello, scimmiottando il peggio delle politiche muscolari, con il solo risultato di contribuire anch’esse alla costruzione di un mondo che non esiste. Ripeto, le reazioni “di pancia” sono solo la manifestazione ultima e esteriore di uno stimolo indotto dall’alto. Non avere strumenti e capacità di contrastarle sono invece una colpa delle nostre classi dirigenti progressiste».

Il libro raccoglie lettere che vanno dal gennaio 2016 all’estate 2017, nel pieno dei governi di centro-sinistra; con l’efficacia di un instant-book si notano le progressive chiusure del governo di Roma sul tema migrazioni, fino agli accordi deleteri di Minniti con la Libia. La sinistra ha perso le elezioni perché ha seguito le destre su un terreno non di sua pertinenza?

«Anche ma non solo. La sinistra è caduta nel tranello dei sovranisti ma ci ha messo molto del suo. A partire nel 2008 dal voto all’unanimità della Camera all’intesa, la maxi-truffa la definirei, con Gheddafi per fermare i migranti. Miliardi di dollari (5 in totale, un’enormità, Ndr), armi, impegno a costruire infrastrutture, e si pensava che il problema degli sbarchi si sarebbe magicamente risolto. Solo un voto fu contrario, il mio. I due discorsi, uno contrario e uno a favore dell’accordo furono di due militanti dello stesso partito: del sottoscritto e di Massimo D’Alema che sottolineò invece come gli accordi si firmano, non si commentano. E’ uno dei tanti esempi che culminano nei nuovi patti siglati a cavallo fra il 2016 e il 2017 dai governi Renzi e Gentiloni, voluti fortemente dal già citato Minniti e che rappresentano un terribile ripudio di ogni attività umanitaria e di soccorso».

Ha avuto modo di notare se e come il tema migrazioni è divenuto prioritario fra le questioni poste dai lettori delle sue rubriche?

«Certo, la cadenza delle domande in materia è andata aumentando con il crescere dell’invasione di notizie sulle migrazioni sui mezzi di informazione. Nel mio caso si tratta soprattutto di lettori preoccupati dalle derive razziste in atto nel nostro paese, ma il semplice fatto che abbiano scritto molto sull’argomento significa che il tema è divenuto preponderante. C’è forse anche un di più: sono io che ho voluto occuparmene spesso dalle colonne a mia disposizione. Ciò al fine di rispondere alle provocazioni già in atto da anni in materia, senza deviare dal tema, allargando molto lo sguardo verso un contesto globale, raccogliendo in qualche modo la sfida di chi semina paura, smontando i loro teoremi con i dati, i fatti».

C’è un punto che le sta a cuore e che ritorna più volte nelle pagine: in Italia esiste un enorme patrimonio immobiliare pubblico abbandonato. Il suo utilizzo almeno in maniera parziale per l’accoglienza degli stranieri sarebbe stata una risposta di buon senso nei momenti di più forte criticità

«Invece si è ripetutamente ignorata questa soluzione di buon senso. Vedo in ciò un disegno di ampio respiro, avviato dalla lunga permanenza al Viminale di Roberto Maroni fra il 2008 e il 2011. In quel periodo è stato smantellato un sistema di accoglienza che con qualche zoppia, avevo però funzionato. Si sono create le premesse perché tutto quanto vediamo oggi non ci appaia più assurdo. Già all’epoca della mia prima elezione alla Camera nel 1996 segnalai come nella mia circoscrizione mi erano stati fatti i nomi di ben nove edifici scolastici abbandonati nelle periferie, che si sarebbero potuti convertire ad altri usi. Segnalammo queste possibilità ma la risposta fu il silenzio. Penso ai grandi complessi militari nelle nostre città, a situazioni come quello dell’ospedale San Giacomo in pieno centro a Roma, completamente abbandonato, o ai villaggi militari fra piazza Repubblica e viale Castro Pretorio. Ci si lamenta dei senza tetto alla stazione di Termini: ecco a venti metri ci sono enormi edifici vuoti. In questa maniera si eviterebbero occupazioni abusive e quel senso di precarietà che alla lunga incide sulla percezione di un problema. Ma ripeto, non è per sciatteria che certe risposte non sono arrivate: si tratta di un chiaro disegno di lungo periodo volto a giungere dove siamo ora: ad un clima di sospetto e paura, cui si risponde con l’uomo forte».

Le prime parole del libro sono: “Tutto quello che vi hanno raccontato sul traffico in mare, di soldi, barche, navi, soccorso, vita e malavita dei migranti non è vero: in nessun tempo, in nessun luogo, in nessun punto”. Addirittura?

«Certo, per tutti i motivi visti sopra. Non bisogna mai stancarsi di chiedere le prove. Di tutte queste teorie del complotto non rimarrà che un pugno di sabbia. Nessuna condanna è stata comminata alle Ong che non intascano soldi ma salvano vite, nonostante ben quattro inchieste della magistratura a riguardo. Tutte frottole funzionali alla teoria del sospetto. Un cittadino informato è un cittadino che non si fa gettare tutto questo fumo negli occhi. Informarsi è come sempre la speranza che ci rimane».

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