L’amore di Dio
08 giugno 2018
Un giorno una parola – commento a Isaia 62, 2
Sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore pronuncerà
Isaia 62, 2
Il buon pastore chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori
Giovanni 10, 3
Questo verso profetico fa parte del terzo libro d’Isaia, laddove si parla essenzialmente della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù babilonese, del rientro dall’esilio, dei conflitti interni che i rimpatriati sono costretti ad affrontare con i residenti di Giuda, gli ebrei della diaspora e gli stranieri che rischiano di essere marginalizzati. E qui il Terzo Isaia o Tritoisaia (cap. 56-66) mostra l’ambizione di unire queste diverse categorie di persone in un’unica comunità di giusti, graditi a Dio. Esistono, tuttavia, dei problemi oggettivi: il ritardo della salvezza annunciata dal Deuteroisaia, la depravazione dell’idolatria e le ingiustizie sociali.
È pur vero che ci sono i sacerdoti sadducei che controllano il culto ufficiale, trattano di politica e patteggiano con i Persiani, ma vi si contrappone anche un gruppo giudaico che tratta essenzialmente di un culto più democratico, aperto a tutti i fedeli, compresi gli stranieri, che esclude ogni compromesso con i Persiani ed è caratterizzato dalla visione escatologica dell’imminente irruzione di Dio nella storia della salvezza del suo popolo.
Ebbene, in questa cornice è inserito il nostro verso che fa riferimento a Israele, paragonata a una sposa che prende marito. Non c’è alcun riferimento alla riconciliazione con la sua sposa dopo la rottura, ma tutto si svolge fra giovani sposi in un’allegra giornata di nozze. Il re, paragonato al sole, è uscito per difendere i diritti o la giustizia della gente e torna vittorioso e salvatore. Prende la città sposa come sua corona e le dà un nome nuovo: «La mia prediletta». Il tono elegiaco con cui l’autore del poema chiama con la bocca la sua sposa è semplicemente unico nella sua formulazione. Tutto denota l’amore profondo che lo sposo nutre per la sua sposa a cominciare dal giorno delle sue nozze. L’amore di Dio per il popolo dei credenti prosegue e si realizza compiutamente nel dono di suo Figlio che sacrifica la propria vita per donare vita in abbondanza a dei peccatori perdonati e riconciliati.