I miei giorni sono nelle tue mani
Salmo 31, 15
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri
I Tessalonicesi 5, 6
Quando si è bevuto troppo si perde il controllo di se stessi e della situazione, tutto diventa più vago, più impreciso, si perde lucidità e il senso della realtà, perfino il nostro corpo è percepito in modo diverso, più indistinto e sfumato: è una ebbrezza che alcuni ricercano proprio per riuscire a «staccare la spina», per dimenticare una vita faticosa o dolorosa o insignificante. E anche l’eccesso di sonno, magari indotto con qualche medicinale, può produrre lo stesso effetto: una felice assenza, che fa dimenticare per qualche ora i propri affanni, le proprie delusioni, i propri dolori. Ci sono poi momenti in cui, a causa del lavoro, delle preoccupazioni, dell’ansia da prestazione o dell’apatia, perdiamo la piena consapevolezza di noi stessi e della nostra esistenza ed è come se stessimo dormendo o fossimo ebbri di vino.
Il testo della lettera ai credenti di Salonicco credo che voglia indurci a riflettere proprio su questo: non intende infatti affermare che non si debbano bere alcoolici, né tanto meno che non si debba dormire, ma che bisogna continuamente essere presenti, vegliare, percepire ogni attimo dell’esistenza come se fosse l’ultimo.
Vegliamo, dunque, e restiamo sobri. Non lasciamo che il sonno della ragione o i fumi dell’alcool, della droga, dei social, ci impediscano di essere qui, ora, in questo preciso momento. Perché questo attimo è anch’esso un dono di Dio e non può essere sostituito da nessun altro. Non permettiamo che depressione, superlavoro, ansia, preoccupazioni, noia o altro ci impediscano di vivere e di vigilare, di essere presenti e di abitare sul serio la nostra esistenza: permettiamo invece che la consapevolezza che siamo del Signore, che da Lui arriviamo e a Lui ritorneremo, dia significato ad ogni momento della nostra vita.