Soli, senza jus
13 settembre 2017
La legge sulla cittadinanza per i cittadini stranieri nati in Italia non sarà votata neanche a settembre. Riforma ha raccolto due commenti: Furio Colombo e Giulia Gori
Lo «Ius soli» è stato rinviato a data da destinarsi: la legge sulla cittadinanza per i cittadini stranieri, nati in Italia, non sarà votata neanche a settembre. Così è stato deciso ieri pomeriggio dalla Conferenza dei capigruppo del Senato.
Uno slittamento che rende evidente la volontà del Pd di non forzare la mano nella maggioranza, privilegiando alleanze e equilibri.
«Le leggi hanno bisogno di una maggioranza e in questo momento non c’è. I gruppi che hanno votato il provvedimento alla Camera – ha prontamente spiegato il capogruppo del Pd, Luigi Zanda – mostrano di non volerlo votare in Senato».
«Una sensazione di grande desolazione è quella che oggi proviamo dopo la decisione dei capigruppo del Senato di non calendarizzare l’approvazione dello jus soli», ha dichiarato a Riforma.it il professor Furio Colombo, tra i primi firmatari di un appello, lanciato lo scorso 4 settembre, «l’appello dei cento per la legge», che chiedeva al presidente della Repubblica e ai presidenti di Camera e Senato e ovviamente a tutti gli italiani «di essere saggi, generosi e lungimiranti e di sostenere la legge che concede la cittadinanza per jus soli, diritto del suolo».
Un appello firmato da autorevoli intellettuali, attori, registi, scrittori, editori, giornalisti, e tante altre professioni, tra essi, oltre al professor Colombo, per citarne solo alcuni: Luigi Manconi, Ginevra Bompiani, Goffredo Fofi, Franca Valeri, Lella Costa, Moni Ovadia, Gad Lerner, Nadia Urbinati, Lea Melandri, Lidia Ravera, Inge Feltrinelli, Marco Risi e Fabrizio Gifuni.
«Che il Parlamento non sia stato in grado, o non abbia trovato le condizioni per poter discutere seriamente una legge così semplice ed essenziale – prosegue Colombo –, che prevede l’individuazione della patria dove ti puoi fermare e dove puoi trovare pace e rifugio, dove è possibile la convivenza civile - e dove si afferma che un bambino che nasce e cresce in Italia, che parla italiano e studia italiano, è italiano- è una situazione che definirei semplicemente desolante. Così come sono state desolanti le ragioni addotte per non calendarizzarla».
L’appello «dei cento», prosegue Colombo «è stato firmato e promosso da persone che hanno a cuore l’immagine e il prestigio dell’Italia; un paese nel quale cerchiamo di riconoscerci e dove riteniamo di essere persone civili e quindi capaci anche di saper donare. “Mancano voti” è stato detto. Questo in realtà è un paese tenuto in ostaggio da equilibri politici e falsi buonismi. Oggi un altro fenomeno è preoccupante: l’aggressività e la libera scorribanda del razzismo. L’Italia non è razzista ma oggi è spaventata. Paure indotte, così come è spesso indotto il sentimento di razzismo. E gran parte della colpa, purtroppo, la possiamo imputare proprio ai media che sempre più spesso decidono di dipingere, illustrare il nostro paese utilizzando argomenti legati al razzismo e all’intolleranza; così facendo emerge l’Italia peggiore, falsificandone la reale immagine. Una scelta mediatica che spesso condiziona anche gli atteggiamenti sociali e dove una grande fetta della società non ha voglia di sentirsi individuare “nella parte sbagliata” e silenziosa e senza posizionarsi, assiste all’evolversi quotidiano degli eventi. Una condizione che, se persisterà, resterà come una macchia indelebile da registrare nella storia della nostra Repubblica».
Eppure per giungere ad un testo sulla cittadinanza, erano già state intraprese numerose iniziative in Italia sia a livello politico che sociale, come ad esempio la Campagna l’Italia sono anch’io, promossa attraverso manifesti e ed elaborazioni di proposte di legge sponsorizzate da cittadine e cittadini, associazioni, enti e operatori del settore e che vedeva sedere in prima fila, seppur all’epoca con ruoli diversi, anche l’attuale ministro Graziano Delrio e la presidente della Camera Laura Boldrini. Una campagna di sensibilizzazione sostenuta anche dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), tra i promotori.
«Lo Ius soli è nuovamente scomparso dal calendario del Senato – ha dichiarato a riforma.it la responsabile “Coordinamento e accoglienza” del progetto Mediterranean Hope della Fcei, Giulia Gori –. Dopo mesi di annunci e promesse, la maggioranza ha evitato di fissare la data di discussione della legge che riconosce la cittadinanza italiana ai figli di stranieri nati in Italia o arrivati da piccoli.
Legge – prosegue Gori –, vale la pena ricordare, già frutto di abbondanti compromessi politici che l’hanno fortemente “ammorbidita” rispetto alla proposta iniziale.
Ancora una volta in Italia lo straniero, anche se bambino, cresciuto in Italia e perfettamente italofono, diventa strumento di una irresponsabile propaganda elettorale.
Ancora una volta – conclude Gori – la politica perde l’occasione di stare al passo con il paese reale. In Italia, infatti, 800 mila minori stanno aspettando per vedersi riconoscere i loro diritti per quello che sono, italiani a tutti gli effetti».