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Il 1923 è un anno decisivo nella breve esistenza di Piero Gobetti (Nella tua breve esistenza si intitola la raccolta di lettere tra Piero e Ada, curata anch’essa da Ersilia Alessandrone Perona, da tempo fuori catalogo e ora ripubblicata da Einaudi in edizione accresciuta*).

Inizia con il matrimonio a gennaio e il viaggio di nozze, che è anche un’occasione per incontrare Croce, Giustino Fortunato e tanti altri intellettuali. A febbraio è arrestato su sollecitazione di Mussolini con il padre, il tipografo Pittavino e l’amico pittore Casorati. Il 29 maggio sarà di nuovo fermato per attività antifascista e i sequestri del settimanale La Rivoluzione Liberale saranno poi un continuo stillicidio che culminerà nella soppressione della rivista nel novembre 1925 e con il divieto a Gobetti di proseguire qualsiasi attività giornalistica ed editoriale. Umberto Saba gli scrisse affettuosamente: «Ti sposi, consegni in una volta sola quattro numeri d’una Rivista, vai in viaggio di nozze, e al ritorno ti mettono in carcere; tu vivi, caro e buon Gobbetti [sic], in un’atmosfera di grande romanticismo; poco più e mi ricordi Ernani [...] di Verdi che amo come la giovanezza» (p. 51).

L’arresto mise in crisi la Pittavino & C., prima impresa editoriale gobettiana, che venne rifondata a marzo come Piero Gobetti Editore e inaugurata con la pubblicazione del suo saggio sulla filosofia politica di Vittorio Alfieri, cui seguirono libri importanti come Nazionalfascismo di Luigi Salvatorelli. L’arresto fece rimandare vari libri in cantiere, come la monografia Felice Casorati pittore che uscirà a luglio (ne è prevista per la fine dell’anno una riedizione anastatica nelle Edizioni di Storia e Letteratura che stanno ripubblicando l’intero catalogo del giovane editore). Intanto Gobetti pubblicava da Corbaccio La frusta teatrale, rielaborando le critiche uscite su L’Ordine Nuovo e altri periodici. Il Carteggio riflette gli ampi interessi culturali che si intrecciano all’attività politica antifascista di Gobetti, come documenta con l’acribia filologica che le è propria la curatrice nell’ampio saggio introduttivo.

Il 1923 approfondisce la «fine dell’equivoco generazionale» che lo aveva portato a considerare fratelli maggiori gli scrittori de La Voce e vede la rottura con Gentile i gentiliani (I miei conti con l’idealismo attuale). È anche l’anno in cui Gobetti inizia a collaborare con Conscientia dell’amico battista Giuseppe Gangale (nella corrispondenza gobettiana che ci è rimasta le missive di Gangale vanno dal febbraio 1924 alla vigilia della morte di Piero nel 1926). Sul rapporto tra Gobetti e Gangale – del quale parla la curatrice alle pp. LXXVIII-LXXXI – ha portato ulteriori elementi di riflessione il recentissimo convegno torinese su Piero Gobetti e la Riforma in Italia. In ricordo di Alberto Cabella. Gobetti riteneva in Italia «viva un’esigenza di protestantesimo come noviziato di libertà, di serietà morale, di educazione moderna» e ripubblicò poi col titolo Il nostro protestantismo l’articolo del dicembre 1923 Le democrazie del lavoro e la civiltà della Riforma.

Ma Gangale scriveva su Conscientia che una divergenza stava «nel fatto che il Gobetti valorizza il protestantesimo dal punto di vista politico, mentre il protestantesimo vale – secondo noi – anche per qualche cos’altro» e cioè per la sua fisionomia propriamente religiosa e teologica. Quando Gobetti parla di religiosità, la sua è «la religiosità dell’uomo moderno, la religiosità della democrazia come forza autonoma, liberamente operante dal basso, senza limiti che la predeterminino fuori della volontaria disciplina che essa stessa si pone», come scrisse in un articolo su Giuseppe Toniolo ancora in quel densissimo 1923 del quale il Carteggio illumina tanti aspetti.

* Piero Gobetti, Carteggio 1923, a cura di Ersilia Alessandrone Perona. Torino, Einaudi, 2017, pp. XCVIII-601, euro 70,00.

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