Il Signore, Dio, mi ha dato una lingua pronta, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco
Isaia 50, 4
Mediante la consolazione con la quale siamo noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione
2 Corinzi 1, 4
La sofferenza fa parte dell’esperienza umana. L’apostolo Paolo, che esprime questo pensiero, lo sa per esperienza personale. Ma la sua esperienza di credente gli fa dire che così come esiste la sofferenza, esiste anche la consolazione.
La sofferenza è una esperienza variegata. Non solo l’umanità soffre, ma anche la Creazione. A volte è procurata dalle azioni di qualcuno, a volte è procurata da eventi incontrollabili; a volte è mirata contro qualcuno, a volte è casuale; a volte vi si scorgono delle cause, a volte è del tutto ingiustificata. La sofferenza non ha mai senso. Forse per questo spesso Dio ne è ritenuto, in ultima analisi, il responsabile. I cristiani, in quanto esseri umani, non ne sono dispensati, ed anzi, a volte sono vittime di sofferenze inflitte loro a motivo della loro fede.
Forse è qui il punto, per Paolo la sofferenza non è un problema in un contesto altrimenti idilliaco, essa è piuttosto un aspetto della realtà. Egli però sottolinea un corollario dell’afflizione: la consolazione, che è la parola che ricorre di più in questo versetto. La consolazione è una caparra della salvezza futura, è qualcosa che proviene direttamente da Dio. Il credente, quando prova la sofferenza, sperimenta anche la consolazione.
Però queste parole sottolineano due aspetti specifici della consolazione.
Un aspetto è il «guaritore ferito», cioè la capacità di guarire e – di conseguenza – di consolare, nasce dalla capacità di trovarsi a casa propria anche quando c’è sofferenza. In ogni persona convivono contemporaneamente sia la ferita che il potere di guarigione. Solo chi è stato ferito può essere compassionevole.
Un secondo aspetto è il ruolo per la comunità dei credenti. Non dimentichiamo infatti che queste parole sono rivolte ad una comunità. La comunità è un luogo di consolazione. La comunità conosce la realtà della sofferenza, ma riceve anche il dono della consolazione, e con questo dono è in grado di portare consolazione dove c’è afflizione.