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La fragilità umana

Rubrica «Parliamone insieme», a cura del pastore L. Baratto, andata in onda domenica 23 aprile durante il «Culto evangelico», trasmissione di Radiouno a cura della Fcei

Che cos’è il dolore, perché la sofferenza ha tanta parte nella vita umana: è il segno di una colpa che ci portiamo dietro come esseri umani, o è piuttosto una condizione che, rassegnati, dobbiamo accettare? Sono queste le domande che ci pone una lettera di un ascoltatore giunta in redazione diverso tempo fa: «È da molto ormai – ci scrive – che la mia vita è cambiata per una malattia che mi ha costretto a rivedere la mia esistenza fin nei più piccoli particolari quotidiani… ho preso con serenità quanto mi sta accadendo perché sono giunto – continua la lettera – a una mia idea del dolore e della morte… Non credo che la causa del dolore e della morte sia il peccato originale… piuttosto essi sono la naturale conseguenza della nostra costituzione umana… che Dio ha voluto così».
Non è semplice reagire a una lettera in cui qualcuno ci racconta della propria faticosa situazione di malattia e di dolore. Il nostro ascoltatore si chiede se la fragilità umana non sia altro che un elemento del nostro essere – noi soffriamo perché Dio ci ha creati così e non per via di una qualche imperdonabile colpa che ci ha resi imperfetti. Può il mortale essere giusto davanti a Dio?, chiedono gli amici a Giobbe ed egli, con verità e dignità, risponde rifiutando di considerare la sua fragilità il segno di una colpa. E così che siamo. Soffriamo; proviamo dolore; moriamo. Dio ci ha creati così.
D’altra parte, però, consideriamo le conseguenze del dolore e della morte. Non è forse la sofferenza a togliere dignità a tanti uomini e donne; non è forse il dolore che più di tutto distorce la nostra immagine – costringendoci ad essere o degli eroi o dei codardi –; la morte, non è forse il nulla che avanza e distrugge ciò che esiste? Possiamo accontentarci di dire semplicemente che tutto ciò è naturale, normale, senza un moto di ribellione, la ricerca di una speranza, di una liberazione? Non credo. 
La nostra fragilità è, per la coscienza, un mistero intricato, una sfida difficile da raccogliere. Ha scritto un pensatore ebraico: «la Bibbia tratta raramente della morte come di un problema… perché essa si richiama più spesso al problema del vivere». Se si vuole interrogare la Bibbia a proposito, allora dobbiamo partire non da ciò che essa ci dice sulla morte o sul dolore, ma ciò che essa afferma sulla vita. Forse questa è la via giusta, se non l’unica, per imparare a contare tutti i giorni della nostra esistenza, anche quelli del dolore e della sofferenza.