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Alla Galleria degli Uffizi è esposta una mostra dedicata alle opere che, dopo un lavoro di ricerca, vengono attribuite a una delle poche pittrici donne del XVI secolo. Si tratta di una monaca che ha dedicato la sua vita alla produzione di opere artistiche e che all’interno delle mura del convento ha strutturato una fiorente bottega.

Giorgio Vasari la cita nel suo Le vite e nomina tre dipinti di sicura attribuzione che ancora oggi si possono vedere: l’Ultima cena nel refettorio del convento di Caterina in Cafaggio, che poi fu trasferito nella chiesa di Santa Maria Novella, la pala d’altare del Compianto sul Cristo morto, ora nel museo di San Marco, e la Pentecoste nella chiesa di San Domenico di Perugia. In base a queste tre opere sono stati fatti molti tentativi per aggregare altri dipinti, opere e codici miniati che fossero riconosciuti come opera di Plautilla Nelli.

A curare la mostra Plautilla Nelli. Arte e devozione in convento sulle orme di Savonarola è Fausta Navarro.

Quella della prima pittrice donna fiorentina è sicuramente una vicenda particolare. Qual è la sua storia?

«Lei non soltanto fu la prima celebre pittrice fiorentina ,ma anche la prima suora pittrice di cui si ha notizia da fonti autorevoli. La storia è quella di tante altre suore, di una fanciulla che viene fatta entrare nel convento di Santa Caterina in Cafaggio a Firenze nel 1538. Sappiamo che la metà delle fanciulle fiorentine nel ‘500 veniva monacata perché era meno costoso farle entrarle in convento che munirle di una dote per farle sposare. Plautilla entra in convento a quattordici anni e lì, evidentemente dotata di un talento creativo e artistico, ha modo di sviluppare pian piano le sue capacità nel campo della pittura e della miniatura».

Aveva esempi e riferimenti artistici ai quali fare riferimento?

«Intanto bisogna dire che per una donna era molto più facile sviluppare il proprio talento al di fuori della famiglia e del matrimonio. Com’è purtroppo ancora oggi, le donne sono caricate dei doveri dell’accudimento dei componenti della famiglia, non hanno la possibilità di sviluppare e di dedicarsi alla coltivazione dei propri interessi e talenti. Allora ancora di più.

Nei conventi, e molti studi dedicati alla creatività conventuale l’hanno confermato, le donne hanno la possibilità di tirar fuori le doti artistiche e creative che posseggono: per loro era vietato frequentare una bottega artistica, tanto più se suore, quindi di fatto Plautilla fu un’autodidatta, non ha avuto un’educazione artistica tradizionale nelle botteghe come tutti i garzoni che poi man mano crescono e si emancipano dai maestri. Lei si è auto educata, però ha avuto la fortuna di ricevere, forse perché le era già stato riconosciuto il suo talento naturale, il patrimonio di disegni, di cartoni e di tutto ciò che apparteneva alla bottega del grande pittore domenicano Fra Bartolomeo. Sappiamo che nei conventi, soprattutto quelli domenicani, c’era una grande tradizione di pittura religiosa: più ancora che nei conventi francescani, lì era molto importante la dimensione visiva della religione e quindi la creazione di opere d’arte.

Plautilla riceve questo patrimonio di disegni, di schizzi, di cartoni, di manichini di legno in possesso di Fra Bartolomeo, che aveva vissuto fino al 1517 nell’attiguo convento di San Marco, luogo dove aveva vissuto anche Beato Angelico. Lei, quindi, aveva a disposizione non solo questo lascito, ma anche tutta la bellissima sequenza di affreschi di Beato Angelico nelle celle del convento.

Altra cosa fondamentale da ricordare è che Plautilla, come le altre domenicane del suo convento, era una fervente savonaroliana; Savonarola che, seppur nel segno della semplicità, della castigatezza di un’arte pura, aveva insistito ulteriormente sulla funzione educatrice dell’arte e sulla funzione didattica delle immagini».

Quindi l’attività di pittura non coinvolge solo Plautilla Nelli ma tutto il convento?

«Si, infatti sappiamo che si mise poi a capo di una fiorente bottega di altre suore pittrici e scultrici, delle quali abbiamo anche i nomi, che realizzavano sia dipinti che sculture in terracotta. Attività importantissima per l’economia e la sopravvivenza stessa del convento, ancor di più dopo il 1566 quando, a seguito dei decreti tridentini, le monache vengono chiuse in clausura nel tentativo di non farle più uscire alla ricerca di elemosine e beneficenze, quindi loro si sostentano con i proventi di questa produzione artistica».

Intanto il mondo artistico subisce dei cambiamenti. Questo si riscontra nell’arte di Plautilla Nelli?

«Lei, così come l’arte domenicana ma soprattutto l’arte femminile conventuale, è molto più attenta a mantenere la continuità visiva della tradizione piuttosto che recepire i fermenti artistici in corso. Plautilla continua a portare avanti il suo lavoro di pittura devozionale e non a caso preferisce le rappresentazioni di profilo o le raffigurazioni che si rifanno a un patrimonio visivo consueto. D’altra parte la sua arte è totalmente rivolta a rafforzare lo stimolo della devozione, concepita per essere contemplata come stimolo alla preghiera. Non erano fatte per seguire le mode e le evoluzioni della pittura».

Immagine: By Plautilla Nelli - http://advancingwomenartists.org/suor-plautilla-nelli/, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=55854070

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