Giovedì 23 marzo alle 18 presso la Sala valdese di piazza Cavour a Roma (via Marianna Dionigi, 59) è in programma la presentazione del libro di Alessandra Dino, A colloquio con Gaspare Spatuzza. Un racconto di vita, una storia di stragi. Partecipano all’incontro, insieme all’autrice, il giornalista de La Repubblica Enrico Bellavia, Franca Imbergamo, magistrato presso la Direzione nazionale antimafia (Dna), Alessandra Trotta, diacona metodista dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi e avvocato. Modera l’incontro Federica Cane della libreria Claudiana, che ha organizzato l’incontro insieme all’associazione culturale «Fuori dai paraggi».
Il libro, edito da Il Mulino, è il ritratto sconvolgente e coinvolgente di un criminale e di un uomo nel tortuoso percorso che lo porta a diventare da boia della mafia a collaboratore di giustizia, da fedele alla Cosca a credente: pentito nel duplice senso giudiziario e morale, perché sulla sua strada, in carcere, incontra la fede cristiana nonostante i forti condizionamenti dell’ambiente a cui appartiene e in cui è calato, le pressioni a cui è di continuo sottoposto, i sottintesi e i non detti, la paura di mettere in pericolo i propri familiari che pure hanno interrotto i rapporti con lui dopo il suo pentimento. Il volume, che sviluppa nell’arco di circa 300 pagine, questa esemplare storia umana nasce dai nove incontri avvenuti tra la sociologa palermitana e l'ex boss di Brancaccio, una serie di appuntamenti che si sono tenuti tra la fine del 2012 e l’ottobre del 2013 nel carcere di una località segreta nel quale il mafioso era detenuto. E che hanno portato dall’iniziale studio reciproco e diffidenza all’apertura, sia pure sempre parziale. Così emerge una ricostruzione il più possibile fedele, anche se volutamente priva di qualsiasi pretesa di assolutezza, della vicenda di Spatuzza.
Esperta di criminalità organizzata, docente di Sociologia giuridica e della devianza all’Università di Palermo, Alessandra Dino ha voluto ripercorrere la storia di un giovane, anzi giovanissimo, di Brancaccio, alla periferia di Palermo, cooptato da Cosa Nostra appena dodicenne. Spietato e del tutto integrato nell’organizzazione mafiosa, fa carriera all’interno del clan, divenendo reggente del mandamento, protagonista di molte delle stragi degli anni ’90. È lui ad aver rubato la Fiat 126 che il 19 luglio 1992 venne impiegata come autobomba nella strage di via D’Amelio, in cui perirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Tra i suoi crimini anche l’omicidio di don Pino Puglisi, avvenuto il 15 settembre 1993, per il quale è stato condannato all’ergastolo in via definitiva e che sembra aver avuto un ruolo chiave nel suo pentimento e nella sua conversione. È lui stesso a confidare: «Per me, la figura del beato don Puglisi è stata determinante. Toccante e decisivo è stato leggere sul messale del 16 marzo del 2008 un pensiero del beato don Puglisi sulla libertà (…) Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto, si aprirà».
Tra le rivelazioni di ‘U Tignusu, clamorose quelle sui rapporti tra mafia e politica che coinvolgono Dell’Utri e Berlusconi, rivelazioni sempre respinte dai fratelli Graviano e per le quali, in una fase, gli venne addirittura negato il programma di protezione. Alessandra Dino, nella complessa tessitura del libro, cerca di mettere in risalto contraddizioni e conflitti, di indagare le regole e gli stili del linguaggio mafioso e come da esso Spatuzza tenti di prendere le distanze anche attraverso lo studio della teologia: «In Cosa nostra sei obbligato a mentire ogni giorno della tua vita e questo non è vivere”, ribadisce più volte».
Dopo l’arresto, nel 1997, Spatuzza si avvicina lentamente alla fede cattolica. Ma è solo nel 1999, dopo un lungo processo interiore che comincia a leggere la Bibbia regalatagli da un sacerdote in occasione della messa di Natale nel carcere di Tolmezzo.