Mercoledì 8 marzo il Tribunale dei minori di Firenze ha accolto la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, già decisa da un tribunale britannico nei confronti di una coppia di cittadini italiani residenti nel Regno Unito da oltre dieci anni e che non hanno legami biologici con i bambini adottati.
La storia comincia alcuni anni fa, quando la coppia si era rivolta alla Rete Lenford – Avvocatura per i diritti Lgbti, per ottenere che in Italia avvenisse la trascrizione dei provvedimenti emessi all’estero, per permettere quindi ai loro figli di ottenere gli stessi diritti garantiti loro nel Regno Unito, oltre alla cittadinanza. Il tribunale dei minori di Firenze ha quindi accolto le richieste, portate avanti dall’avvocata Susanna Lollini, collaboratrice della Rete Lenford, che rappresentava nella causa i due uomini. È la prima volta che in Italia viene riconosciuta l’adozione di minori ottenuta all’estero da parte di una coppia di persone dello stesso sesso. Tuttavia, spiega Susanna Lollini, «non è ancora il riconoscimento a una coppia gay in Italia della possibilità di adottare, è una cosa molto diversa».
Ecco, cerchiamo di capirlo meglio: di che tipo di riconoscimento parliamo?
«È il riconoscimento di una sentenza straniera. È vero che questo in Italia avviene a sua volta con un provvedimento giudiziario, che è un decreto, ma il giudice non è entrato nel merito dell’adozione, non ha stabilito che questi due padri potessero adottare quei due bambini ritenendoli idonei. Questa valutazione era già stata fatta già due o tre anni fa da un tribunale della famiglia nel Regno Unito, perché riguardava due cittadini italiani che risiedono nel Regno Unito da più di dieci anni.
Il riconoscimento non è automatico?
«No, nel Regno Unito la sentenza produce tutti gli effetti connessi alla decisione, mentre in Italia, fino a che non è stata riconosciuta, queste sentenza non poteva produrre effetti. Questo aveva prodotto un confine pesante: basti pensare che questi bambini ogni volta che venivano in Italia a trovare i nonni in realtà non li avevano, perché se la sentenza non viene riconosciuta questi nonni sono solo affettivi ma non legali, quindi veniva a mancare tutta la rete parentale, al punto da non avere, nel nostro Paese, nemmeno i genitori adottivi, quindi questi due bambini avevano un legame con questi due padri che l’Italia non riconosceva, quindi tecnicamente erano in stato di abbandono. Si è chiesto di sanare questa frattura e di riconoscere la sentenza in Italia così che anche da noi se ne potessero riconoscere gli effetti».
Quando ha cominciato a occuparsi di questa causa immaginava che potesse arrivare a una conclusione positiva?
«Diciamo che noi, come rete Lenford, non ci azzardiamo mai a fare delle cause avventurose, decidiamo di portare avanti dei casi che hanno un fondamento e che secondo noi hanno buone probabilità di arrivare a un risultato positivo, ma questo vale per tutte le cause. In questo caso però sapevamo che c’era un precedente pesante, una sentenza della Cassazione del 2011 che aveva già negato il riconoscimento a una sentenza americana nei confronti di una donna single, quindi il nostro unico precedente rilevante era negativo. La Cassazione non è semplicemente un giudice di merito, ma dà un giudizio di legittimità, afferma un principio di diritto, che non è come il precedente nei paesi di Common Law, secondo cui è come se fosse una legge, ma è comunque un principio di diritto che tendenzialmente serve anche come punto di riferimento, come “faro” per i giudizi di merito».
Quindi si partiva sconfitti?
«No, anche perché non funziona sempre così: le sentenze che sono state emesse dal tribunale dei minori di Roma in materia di adozione in casi particolari, per tutte le coppie omosessuali laddove la madre elettiva ha potuto adottare il figlio biologico della propria compagna o del proprio compagno nei casi in cui era una coppia di maschi, una è stata confermata in appello e in Cassazione, quindi abbiamo un principio di diritto affermato nel 2016 che ci dice che non c’è nulla che vieti nel nostro ordinamento questa adozione. Ecco, subito dopo, con due provvedimenti il tribunale dei minori di Milano ha disatteso completamente la Cassazione dicendo che non condivideva il principio di diritto da essa affermato e ha rigettato le richieste di adozione in casi particolari. In Italia funziona in questo modo».
Un sistema che dà poche certezze in questo caso può essere stato anche un vantaggio?
«Quando ci muoviamo e iniziamo una causa sappiamo che abbiamo uno scenario di questo tipo di fronte, quindi in un certo senso è sempre un po’ un rischio, anche se non è mai un vero azzardo. Devo dire che i due ragazzi sono sempre stati sicuri che la sentenza sarebbe stata positiva, mentre noi lo eravamo un po’ meno, ma il loro ottimismo evidentemente ha pagato».
Gli argomenti di diritto c’erano, non ci siamo inventati nulla, perché la sentenza della Cassazione era discutibile e c’erano gli spazi giusti per discuterla. Dal 2011 ad adesso sono cambiate molte cose, ci sono state molte sentenze di segno differente. Oltretutto, con il cambiare della società e della sensibilità sociale su certi temi cambia anche l’orientamento dei nostri giudici, quindi credo che questa cosa conti. È vero comunque che dobbiamo ancora sapere se passeremo il vaglio della Cassazione, perché questo è soltanto il primo grado».
Ora per questa famiglia che cosa cambia?
«Cambia soprattutto il fatto di poter venire in Italia senza più nessuna preoccupazione. Loro vivono nel Regno Unito e non hanno a breve l’idea di trasferirsi in Italia, però, per esempio, quando si è votato per la Brexit abbiamo anche preso in considerazione il fatto che dovessero tornare qui per motivi di lavoro o di permessi. In realtà anche semplicemente portare i bambini a passare le vacanze dai nonni era problematico. Visto che sono bambini, può capitare che giocando si facciano male, no? Ecco, questo per i genitori e per i nonni era una fonte di angoscia permanente, perché la paura di doverli portare al pronto soccorso per un piede rotto e dover spiegare chi fossero quei bambini rispetto a sé e al diritto era un problema notevole. Per la legge italiana, infatti, non erano né figli né nipoti. Se dovessero morire i genitori, cioè i due padri che stanno nel Regno Unito, questi bambini per Londra hanno dei nonni, ma per l’Italia no. Se muoiono i genitori la prima rete è la rete familiare, gli zii, i nonni che prendono in casa i bambini e li curano, ma per l’Italia non si potrebbe aprire la tutela nei loro confronti perché questi bambini non avevano un rapporto di famiglia con i nonni».
Lei ha seguito la causa in termini di legge, però una considerazione politica è necessaria. Questa sentenza non fa legge di per sé, ma quale può essere la sua eredità politica?
«I ragazzi non vogliono comparire perché sostengono che non sia soltanto un loro caso, ma che debbano essere strumento di un dibattito politico, perché si spera che questo provvedimento e tutto quello che ne verrà dopo porti a una ridiscussione della legge sulle adozioni. Questo era l’intento finale tanto per noi quanto per i genitori, fare in modo che si discuta del perché in Italia non si possa nemmeno parlare di adozione per le coppie omosessuali, ma nemmeno del figlio del coniuge, nemmeno del figlio biologico della propria compagna o del proprio compagno. In altri paesi è la cosa più normale del mondo, anche perché questi due genitori sono stati sottoposti giustamente a una selezione durissima, hanno dovuto superare controlli di tutti i tipi anche sulla loro idoneità. Perché in Italia questo non deve essere possibile? Perché viene trattato come un abominio? È una prima sentenza di cui si ammette il riconoscimento, ma ce ne sono comunque anche altre anche se su aspetti diversi, come certificati con due padri, con due madri. La contaminazione con quello che proviene dall’estero sta diventando sempre più frequente, quindi è sicuramente estensibile a situazioni analoghe, tant’è che ce ne sono altre di adozioni pronunciate all’estero di cui si chiede e chiederà il riconoscimento, ma soprattutto è il momento di ridiscutere sulla legge sulle adozioni ed è il momento di dire che il nostro è solamente un pregiudizio».