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Torna il sovraffollamento nelle carceri italiane: è quanto segnalato pochi giorni fa dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, che sottolinea anche gravi carenze strutturali e, in alcuni casi, violenza sui detenuti e diritti violati. Secondo l'associazione Antigone è necessario continuare sulla strada delle riforme, come quella dell'ordinamento penitenziario. «Gli spazi sono sempre limitati, i detenuti spesso si muovono in aree circoscritte – dice Jonathan Terino, pastore valdese che si reca nella Casa circondariale di Sanremo per le visite religiose – ma la situazione qui non ha raggiunto i livelli di altre carceri. È possibile muoversi fuori dalle celle, conoscersi e parlarsi».

Lei ha libertà di spostamento?

«In Italia i rappresentanti di confessioni religiose non cattoliche hanno più difficoltà a parlare o incontrare detenuti. Il cappellano è cattolico, e gli altri che intervengono sono i Testimoni di Geova e io come pastore evangelico: per noi è più difficile entrare nella vita del carcere o proporre delle iniziative interessanti, come proiettare un film o organizzare un incontro. È possibile interagire sul piano personale, avendo incontri di dialogo e consulenza con i detenuti che richiedono questo incontro, mentre è più difficile pensare a un incontro con i formatori, gli educatori o i volontari. Il motivo forse è che tutto sembra gravitare intorno al volontariato cattolico, lasciando minori possibilità ai rappresentanti di altre confessioni».

Oltre a una cappella, ci sono spazi per le altre confessioni?

«Altri spazi non ci sono. La mia area è circoscritta, spesso mancano delle stanze dove sedermi con le persone per un colloquio, mi trovo spesso in piedi ad aspettare che si liberi uno spazio. A volte uso la stanza della Caritas dove sono disposti i vestiti. In questo periodo l'area protetta del carcere è chiusa per lavori, i detenuti di quell'area sono stati trasferiti su un altro padiglione e vivono una situazione ristretta e soffocante».

E la popolazione musulmana? E tutelata o in questo periodo si teme la radicalizzazione?

«Credo che si dovrebbe fare di più. Lo stesso cappellano cattolico si era interessato a suo tempo a questo problema. Nel carcere di Sanremo, per esempio, non sono ammesse pubblicazioni in arabo per il timore che possano emergere proposte eversive di natura radicale. I detenuti musulmani sono numerosi e si gestiscono dal punto di vista della fede in maniera molto laica, non hanno un imam esterno che li visiti ma un detenuto li guida nella preghiera. Non hanno però degli spazi specifici: esiste solo l'enorme cappella cattolica ma, come dicevo, non ci sono altri spazi riconosciuti per le altre confessioni».

Immagine: via Pixabay

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