La triste e gravissima vicenda dello sgombero forzato dello stabile di via Curtatone a Roma, avvenuta all’alba della mattina del 24 agosto, che ha coinvolto 800 persone con status di rifugiati politici – tra gli sgombrati anche una decina di persone facenti parte della chiesa eritrea, membro dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia – e, in alcuni casi, di cittadini italiani, ci ha mostrato donne e uomini colpiti dai getti degli idranti da parte della Polizia, persone i cui pochi averi erano ammassati nelle strade, costrette a dormire nei piccoli giardini di piazza Indipendenza.
In questa Italia che rivendica con orgoglio le proprie radici cristiane, non possiamo non ricordare con veemenza e indignazione, le parole di Gesù riportate nel Vangelo di Matteo: «… fui straniero e mi accoglieste…» (v. 35).
L’accoglienza dello straniero attiene alla civiltà di un paese che mette al centro delle sue relazioni sociali il libero esercizio dei diritti, delle libertà e dei doveri nell’ambito dei principi di solidarietà e di uguaglianza per lo sviluppo della personalità umana e per il bene comune del Paese.
In particolare, l’art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana, sancendo il diritto d’asilo a chiunque non goda nel proprio Paese delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione, riconosce allo straniero uno status regolato dalla legge, in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
I gravissimi fatti di Roma che hanno offeso la dignità umana di lavoratori e di lavoratrici, di uomini e donne, di bambini e di bambine, da un lato evidenziano l’incapacità del Governo, della Prefettura, delle istituzioni territoriali preposte a realizzare politiche di integrazione sociale che permettano a tutti i rifugiati di seguire dei percorsi individuali finalizzati all’inserimento; dall’altro indicano il persistere di un grave ritardo nell’adeguare il nostro sistema di accoglienza alle richieste dell’Europa, esponendo il paese alla tentazione dell’odio razziale e all’assurda e falsa assimilazione dello status di rifugiato alla cosiddetta emergenza migratoria.
La risposta violenta della polizia è stata la conseguenza di un atteggiamento irresponsabile da parte di chi avrebbe dovuto, con sapiente lungimiranza, percorrere politiche adeguate di sistema non dettate esclusivamente dalla tutela degli interessi privati. Tale risposta è stata simile a quella riportata dall’Evangelo di Matteo: «… Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto?» (v. 38). Anzi, aggiungiamo noi!
Auspichiamo, pertanto, un radicale ripensamento da parte delle istituzioni affinché, per il prossimo futuro, sappiano dare risposte coerenti ai principi costituzionali, offrendo ai rifugiati sgomberati a Roma soluzioni dignitose, non solo abitative, a partire dal riconoscimento e dalla garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo. Solo così possiamo confermare nel nostro Paese la parola del Signore: «In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me» (v. 40).