Ogni tanto appare un libro su Giovanni Calvino. Quasi sempre si tratta di autori stranieri, raramente tradotti in italiano, a meno che si tratti di tentativi più o meno biechi di infangarne la memoria. Ancor più raro è il caso di italiani che scrivano libri sul riformatore di Ginevra: l’ultima opera divulgativa a firma di Giorgio Tourn risale al 2005. Il libro di Emanuele Fiume* colma questa lacuna, e lo fa in modo magistrale. Il suo compito non è stato facile, trattandosi di un pastore valdese ha dovuto evitare la trappola della apologetica perché del riformatore si è parlato e scritto spesso malissimo.
Come scrive lo stesso Fiume nella prefazione, Calvino è: «eresiarca per i cattolici, intollerante per gli illuministi, inventore del capitalismo per i marxisti». L’unico modo per sfuggire alla tentazione di esserne l’avvocato postumo e non richiesto era quello di parlarne partendo da dati storici inoppugnabili, collocando il personaggio e la vicenda nella sua epoca, senza nasconderne gli aspetti oscuri, ma anche senza caricarli di negatività come spesso ha fatto, e fa, la polemica anticalviniana.
A fronte delle critiche postume, che fanno di Calvino un personaggio freddo, determinato e testardo nelle sue convinzioni, il libro ne parla mettendo in evidenza come si tratti di un personaggio a cavallo di due mondi culturali: Riforma e umanesimo. Un uomo cacciato dalla città e poi richiamato a forza dai Ginevrini, ma da loro sempre tenuto in stato di precarietà. Un uomo duramente provato dalla vita, capace (chi l’avrebbe mai detto?) di parlare della defunta moglie con un profondo amore: «mi è stata tolta la migliore compagna di vita. Se mi fosse accaduto qualcosa di brutto, avrebbe condiviso con me non solo l’esilio e la miseria, ma anche la morte».
Emanuele Fiume accompagna il lettore illustrando le tappe della vicenda umana e storica dell’uomo Calvino, soffermandosi però a illustrare i punti nodali di carattere storico e teologico. Ovviamente non ha voluto né potuto sottrarsi ai temi sui quali egli viene normalmente attaccato: Serveto, la predestinazione, la teocrazia, ma collocati in una prospettiva più ampia che ci porta a toccare gli aspetti nodali della esperienza riformata.
Per brevità non posso elencare i molti elementi di questo libro ponderoso, ma mi si permetta di evidenziarne alcuni da un punto di vista molto personale. Innanzi tutto la chiarezza con cui parla dei temi teologici, anche quando presenta le varie edizioni dell’opera magistrale di Calvino, la Istituzione della religione cristiana; oppure la capacità di riassumere, senza banalizzarlo, il dibattito sulla predestinazione, concludendo il capitolo con le seguenti parole: «Senza questa radicale concezione della maestà e della sovranità efficace di Dio come profilate dalla dottrina della predestinazione, la motivazione più profonda di tanta resistenza all’assolutismo nel secentesco “secolo di ferro” ci risulterebbe del tutto incomprensibile».
Ho inoltre trovato un pregio enorme nel fatto che la vicenda venga sviluppata tra Ginevra e il mondo del 1500. La predicazione e la riflessione teologica scaturita dal pensiero di Calvino nella città sul lago Lemano sono state la forza e l’ispirazione per milioni di uomini e donne dell’epoca che, ovunque nell’Europa di quel tempo, hanno tentato di vivere una fede libera e biblicamente fondata. Alcuni sono stati sconfitti, come in Polonia o in Italia, altri hanno avuto maggiore successo, ma, come scrive Fiume, «l’espansione della Riforma calvinista non fu soltanto conquista, ma soprattutto relazione fra i credenti di luoghi diversi in Europa. L’accoglienza di profughi “religionis causa” e la compartecipazione alle loro sofferenze(...) fu allo stesso tempo segno e nutrimento del sentimento identitario di un corpo di chiese senza papa e senza gerarchie».
Infine, parlando della morte di Calvino, l’autore ha sottolineato un aspetto della vicenda dell’uomo che mi ha sempre affascinato: la sua espressa richiesta di essere sepolto in una tomba anonima affinché non sorgesse alcun culto della sua persona. Come il libro fa notare, unico tra i personaggi del suo tempo, ma, aggiungo, anche di altri tempi, basti pensare ai dittatori atei che però venivano imbalsamati affinché il popolo li potesse adorare. Anche in questo Calvino ci dona un’ultima lezione: «A Dio solo la gloria».
Un libro da leggere e da studiare di cui mi auguro una ampia diffusione: la cultura italiana se ne è già accorta con una bellissima recensione a opera di Paolo Mieli sul Corriere della sera.
* E. Fiume, Giovanni Calvino. Napoli, Salerno ed., 2017, pp. 304, euro 19,00.