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Molti sorrisi, tanta voglia di parlare, di raccontare il proprio mondo, di invitare a condividere pensieri e momenti comuni.

Migliaia di persone ieri hanno partecipato alla giornata delle “moschee aperte” a Torino, iniziativa che rientra nell’ambito delle attività del “Patto di condivisione” firmato lo scorso anno da amministrazione comunale e dai rappresentanti delle principali organizzazioni islamiche presenti in città, a compimento di un percorso ventennale fatto di dialogo, aperture, attenzioni alle varie esigenze dettate da culture differenti da quelle europee. Un ruolo importante l’ha ricoperto il Comitato Interfedi, che da dieci anni anni funge da cinghia di trasmissione per favorire il confronto fra le varie realtà religiose e per agevolare l’apertura alla città, il reciproco scambio fra organizzazioni religiose e cittadinanza. Il presidente del comitato, l’ex sindaco di Torino Valentino Castellani, era ieri sera a fare la spola fra i vari locali di culto.

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Oltre duemila persone hanno visitato la sola moschea Taiba, la più grande del Piemonte (in attesa della costruzione del centro Rayan, i cui costi ,740 mila euro, e presentazione, 1500 metri quadri, erano presentati ieri sera con ampi ed esaustivi pannelli descrittivi)  e centinaia hanno partecipato alla cena lungo l’adiacente via Chivasso, chiusa al traffico per l’occasione.

Ottimo successo anche negli altri 15 luoghi di culto presenti in città, da San Salvario a Porta Palazzo fino a Madonna di Campagna, per la prima volta ad aprire tutte insieme le proprie porte.

Una condivisione particolare perché siamo in pieno ramadan, il mese sacro per i musulmani di tutto il mondo, per cui si è atteso il calar del sole per condividere l’iftar, la cena della rottura del digiuno per il fedele.

Molte le giovani e i giovani che accoglievano i visitatori desiderosi di introdurli negli spazi della moschea e di raccontare le principali attività svolte al suo interno, fucina di dialogo interreligioso e spazio aperto verso la città – molte le classi in visita durante l’anno, molti gli incontri di formazione, di conoscenza, di sensibilizzazione sul ruolo femminile nella società.

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Vari pannelli informativi accompagnavano i visitatori fra le varie “isole” pensate all’interno della moschea, in cui le guide per un giorno rispondevano alle varie curiosità degli accorsi: dai principali dettami del Corano alla presenza sociale in città, dai costumi tipici alle attività con le scuole, con le circoscrizioni, con i cittadini.

All’esterno, su una via Chivasso tutta apparecchiata, la voce delle preghiere si alzava alta dagli altoparlanti per accompagnare fedeli e non verso la cena comunitaria di rottura del digiuno, gioiosa e partecipata, con piatti preparati dalle famiglie del quartiere, per cui è stato possibile assaggiare specialità tunisine, egiziane, marocchine e ovviamente italiane.

Un momento di festa per i 50 mila musulmani che abitano a Torino, una voglia di normalità legittima e legittimata da tempo.

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Da oltre vent’anni infatti nelle scuole pubbliche è riconosciuta la possibilità di avvalersi di regimi alimentari specifici per gli alunni di fedi diverse. Negli ospedali è riconosciuta la presenza di ministri di culto di altre religioni oltre a quella cattolica. Una sala di preghiera per i fedeli musulmani è stata di recente allestita allo scalo aeroportuale. Nei cimiteri cittadini è possibile la tumulazione rituale per tutte le confessioni che ne facciano richiesta, oltre a quelle che hanno l’intesa con lo Stato. Le differenti celebrazioni religiose, dal Natale al Ramadan, vedono collaborazione, scambio e comune partecipazione. A tutto ciò da circa un anno si è aperta la possibilità delle visite, per i rappresentanti religiosi, delle carceri della città, luogo indicato come a rischio di reclutamento da parte di fanatici oltranzisti che fanno leva sulle critiche condizioni che affrontano coloro che sono costretti nei penitenziari, propugnando una religione fai da te assai pericolosa.

Immagini: Claudio Geymonat/Riforma 

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