Tre anni fa, nel giugno 2014, moriva a Torre Pellice all’età di 87 anni Alberto Cabella. Intellettuale valdese, formatosi nella Torino dei primi anni successivi alla II Guerra mondiale, era stato uno dei primi attivisti del Movimento federalista europeo. Insegnante negli istituti superiori, era poi stato per anni impegnato nella vicedirezione e direzione dell’Istituto italiano di cultura a Parigi. Ma prima si era laureato in Lettere con una tesi dedicata a Piero Gobetti, il giornalista ed editore nella Torino del fascismo, morto esiliato in Francia a soli 25 anni nel 1926. A loro due è dedicata domani a Torino una giornata di studio dal titolo «Piero Gobetti e la Riforma in Italia – in ricordo di Alberto Cabella», organizzata dal Centro studi «P. Gobetti» e dalla chiesa valdese.
A Cabella è dedicata la prima sessione presieduta dal pastore valdese Paolo Ribet, che, prima delle testimonianze di Giorgio Bouchard, della nipote Cristina Cabella, di Manfredi Di Nardo, Amalia Geymet e Roberto Giacone, vedrà gli interventi di Pietro Polito («Il Gobetti di Alberto Cabella») e di Andrea Panero («L’europeismo di Alberto Cabella»). Fu proprio Polito, direttore del Centro Gobetti, a definire Cabella, in occasione del funerale, un uomo dotato di «pacata intransigenza», rigoroso ma sempre nel senso della riflessione dialettica. «Chissà come commenterebbe il prof. Cabella i recenti sviluppi dell’Unione Europea – ci dice Panero, dottore in Filosofia e operatore culturale –: la Brexit, la vittoria di Macron, la rottura della cancelliera Merkel con Trump, ma soprattutto l’Europa dei muri e del terrorismo. Lui che, fervido gobettiano, nel 1947 sedeva al congresso di Montreux che diede avvio alle riflessioni sull’Unione Europea. Lui che credeva fermamente nel federalismo europeo e che ancora nel 2002, nel momento topico dell’entrata in circolazione dell’euro scriveva L’idea di Europa dagli antichi a oggi. Forse sarebbe disilluso, oppure inseguirebbe ancora il sogno di un’Europa federalista che sappia tenere insieme le differenze e che sia ispirata dai valori illuministi così duramente raggiunti e così difficilmente applicabili».
Nel pomeriggio gli interventi si concentreranno su Piero Gobetti. Sotto la presidenza dello storico Massimo L. Salvadori interverranno Davide Dalmas, Anna Strumia («Gobetti e Gangale»), Laura Ronchi De Michelis («La mancata Riforma in Italia: linee di ricerca») e il teologo Paolo Ricca («La mancata Riforma in Italia: il valore di una proposta etica»).
«Nel mio intervento parlerò di “Missiroli, Gobetti, Malaparte e il mito della Riforma negli anni Venti” – ci anticipa Davide Dalmas, ricercatore in Letteratura italiana all’Università di Torino –. Ho inserito gli altri due nomi, accanto a quello di Gobetti, perché il discorso sulla Riforma protestante praticato negli anni Venti in Italia può essere affrontato mettendo al centro Piero Gobetti e la sua rivista La Rivoluzione Liberale, ma viene da più lontano e prosegue anche oltre la morte di Gobetti e lontano dalle sue riviste. Raggiungendo ad esempio anche Gramsci, che in carcere legge Max Weber e ragiona su questo nei suoi Quaderni».
Perché allora, viene da chiedersi, parlare di «mito della Riforma»? «Parlo di “mito della Riforma” – prosegue Dalmas – perché questi scrittori [Curzio Malaparte e Mario Missiroli: quest’ultimo, 1886-1974, giornalista che fu direttore del Corriere della sera, pubblicò fra l’altro Il colpo di stato nel 1924 per le edizioni di Gobetti, ndr] si riferiscono alla storia religiosa del Cinquecento non per uno studio puntuale di un evento passato (da storici) né per cercare un momento ispiratore dal punto di vista religioso (tranne alcune eccezioni, come quella di Gangale), ma per elaborare un racconto, che può essere usato in modi diversi, anche opposti, ma in sostanza esemplarmente idealizzato per comprendere e agire nel presente. Parlare della Riforma negli anni Venti significava insomma cercare di capire la modernità, discutere l’eredità del Risorgimento, ragionare sui principi e i valori che dovevano nutrire la società e lo Stato, nel presente».
Il convegno si tiene al «Polo del ‘900» (via del Carmine 14) negli orari 9,30-13 e 14,30-18.