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A febbraio i cittadini di Barcellona, in Spagna, erano scesi in piazza in massa per manifestare a favore dell’accoglienza dei migranti e contro le discriminazioni. Un’iniziativa partita dal basso e sostenuta dall’ajuntament locale, nella quale si è mostrata e raccontata un’Europa diversa rispetto a quella caratterizzata da muri e polemiche.

Sabato 20 maggio la città di Milano cercherà di replicare l’esperienza catalana: pochi giorni dopo il corteo di Barcellona l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, aveva rilanciato l’idea invitando i cittadini lombardia scendere in strada in nome dell’accoglienza.

La manifestazione, che partirà da Porta Venezia alle 14.30, si chiama “20 maggio senza muri”, e si propone come «una mobilitazione festosa e popolare». Tra le realtà che hanno deciso di aderire all’iniziativa non manca la chiesa valdese di Milano. «Abbiamo dato volentieri la nostra adesione ufficiale – spiega in un comunicato la presidente del Concistoro valdese di Milano, Monica Fabbri – perché è ispirata alla speranza di chi crede nel valore del rispetto delle differenze culturali ed etniche, e pensa che la logica dei muri che fomentano la paura debba essere sconfitta dalle scelte che pongono al centro la forza dell’integrazione e della convivenza».

Secondo gli organizzatori e i promotori, è necessario chiedere alle istituzioni di compiere scelte che mettano al centro il principio dell’incontro tra i popoli e di un futuro fondato sul valore della persona «senza che la nazione d'origine, la fede professata, il colore della pelle possano diventare il pretesto per alimentare nuove discriminazioni».

Tra le parole chiave della manifestazione, il superamento dell’impostazione della legge “Bossi-Fini”, l’approvazione di una nuova legge sulla cittadinanza, la necessità di rafforzare un sistema di accoglienza dei migranti fondato sul coinvolgimento di tutte le comunità e le istituzioni e il sostegno ai soggetti più fragili. «Credo che questa manifestazione – spiega Simona Menghini, ufficio stampa e relazioni esterne della chiesa valdese di Milano – voglia riportare l’attenzione sul fattore umano, sulle persone che compiono la migrazione. Non ci si può dire cristiani senza avere un occhio di riguardo per le persone, per l’accoglienza, perché Cristo accoglieva tutti e quindi noi siamo chiamati ad aiutare le persone, soprattutto quando si trovano in difficoltà e scappano da meccanismi di sfruttamento. Come chiesa abbiamo anche fatto una piccola donazione per agevolare l’organizzazione dell’iniziativa».

Quelli portati in piazza sono principi importanti, ma espressi in modo troppo vago, secondo la rete “Nessuna persona è illegale”, composta da numerosi soggetti eterogenei, che vanno dalle associazioni agli spazi sociali, ai comitati, ai collettivi e ai partiti politici. Fausto Fenaroli, volontario di Naga, associazione di volontariato attiva da 30 anni a Milano, tra gli organizzatori dell’iniziativa, spiega che «la manifestazione ha presupposti molto diversi da quella di Barcellona. Proprio per questo ci siamo sentiti di integrare la proposta fatta dal comune di Milano, che ha lanciato la marcia con dei contenuti che ci sembravano molto blandi». In nome di alcune differenze di impostazione e di azione, la rete “Nessuna persona è illegale” si unirà al corteo “20 maggio senza muri” portando con sé le proprie istanze e la propria identità, con lo scopo di «dare un’integrazione ben argomentata a quello che si dirà».

Secondo Fenaroli, c’è un problema centrale: «è impossibile entrare in Italia in modo legale, e questo impone una riflessione su molti livelli». Tra le rivendicazioni che verranno portate in piazza dalla rete “Nessuna persona è illegale”, si chiede all’Unione europea il superamento del regolamento di Dublino, che impone di fermarsi nel paese di approdo, impedendo una reale redistribuzione e qualsiasi prospettiva d’ingresso, e si propone di istituire un permesso d’ingresso europeo per ricerca lavoro, evitando quindi che l’unica strada per un accesso legale sia quello della richiesta d’asilo o di protezione umanitaria, spesso rifiutata per mancanza di requisiti. Allo stesso modo, al governo italiano viene chiesto che si avvii «un percorso vero di integrazione e accoglienza e l’abolizione dei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, che vanno sostituiti con un ampliamento del sistema Sprar, che ragiona su piccoli gruppi accettati e integrati».

Immagine: di Gianni Dominici, via Flickr

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