Secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria la popolazione carceraria in Italia torna a crescere: una tendenza che si consolida sempre di più negli ultimi anni, dopo un breve periodo di assestamento. Dal 2015 a oggi c’è stato un aumento di 4.000 persone, che ha fatto raggiungere i 56.436 detenuti. Ne abbiamo parlato con Alessio Scandurra, responsabile dell’Osservatorio antigone sulle condizioni di detenzione.
Questo aumento è davvero una novità?
«Si tratta di un dato significativo, ma più che una novità è una tendenza che si consolida dall’inizio degli anni ’90, in una storia di costante crescita della popolazione detenuta. Abbiamo avuto una breve stagione di controtendenza, ma è legittimo aspettarsi che si stia tornando al vecchio andamento. Questo in parte perché alcune misure messe in atto dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte europea di Strasburgo per il sovraffollamento erano misure a tempo, dall’altra anche perché è cambiato il clima: penso ai decreti del ministro Minniti o al dibattito sulla legittima difesa. Non è solo la legislazione che fa la tendenza di un paese a ricorrere al carcere, ma anche l’atteggiamento delle procure e delle forze dell’ordine. C’è stata una stagione in cui tutti insieme abbiamo cercato di migliorare le condizioni del sistema penitenziario: temo che sia arrivata al suo esaurimento».
Cosa rimane degli Stati Generali dell’esecuzione penale e che potrebbe essere preso per cambiare questa tendenza?
«Quello è stato un grande lavoro che ha coinvolto molte persone e molte competenze, diversi pezzi della società, ed è stato importante dal punto di vista della partecipazione. Rimane un patrimonio a disposizione dello stesso Ministero della Giustizia che l’ha voluto e che ora è chiamato a riformare l’ordinamento penitenziario alla luce del lavoro fatto. Ci sono dunque tutti gli strumenti per dare gambe a quella riflessione, bisogna vedere se la politica riuscirà a farlo».
In concreto, questo aumento di popolazione va a incidere sulle condizioni di vita dei detenuti?
«Per ora sono variazioni numeriche che incidono poco sulla qualità della vita delle persone, ma quello che registriamo nella nostra attività è un clima di maggiore rilassatezza e minor rigore nella gestione degli istituti, perché c’è la consapevolezza che questo non sia più un tema importante, messo sempre meno al centro sia dell’agenda politica sia dell’informazione. Questo calo di attenzione in linea di massima significa un peggioramento della qualità della vita dei detenuti».
I rapporto di Antigone sarà presentato il 19 maggio: cosa può dirci?
«Sarà un bilancio dell’anno passato, ma per il futuro non mi rassegno che il lavoro fatto venga buttato alle ortiche. I risultati degli Stati Generali sono ora uno strumento del Ministero della Giustizia, dunque è possibile oltre che necessario che si agisca coerentemente. Dopodiché esiste tutto un mondo, come quello di Antigone, che continuerà a portare avanti quel lavoro e quelle esperienze cercando di farli fruttare il più possibile».