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Il 1° maggio è deceduto il pastore Franco Becchino: aveva 86 anni. Savonese di nascita, è mancato nella città che lo ha visto per tanti anni pastore della locale chiesa metodista e attivo nella professione di magistrato. Quello del pastore locale, che Franco Becchino ha in un certo senso prefigurato, è uno specifico ministero, come scrive il pastore Ruggero Marchetti, presidente della Commissione esecutiva del II Distretto delle chiese valdesi e metodiste. Pastori e pastore esercitano l’attività della predicazione, avendo portato a termine la relativa preparazione teologica, senza avere però rapporti di tipo amministrativo con la Chiesa. Continuano, cioè, a svolgere la propria professione nella loro città di residenza. E questo Becchino ha fatto, dopo due anni di prova (1970-1972) dal 1972 fino al 2001, anno della sua emeritazione, nella chiesa metodista di piazza Diaz.

Ma per le chiese metodiste (e poi valdesi, a seguito del Patto d’integrazione del 1975) è stato uno dei grandi punti di riferimento della generazione attiva dopo il secondo conflitto mondiale.

Innumerevoli gli incarichi che ha avuto nella Chiesa: più volte membro del Comitato permanente per l’Opera delle chiese metodiste in Italia (Opcemi), membro della Commissione per le Intese con lo Stato, a due riprese nella Tavola valdese (la seconda, 1995-2000, come vicemoderatore), ha dato un grande contributo, anche di competenza professionale, alla Commissione discipline (1985-95). Molti i suoi articoli e contributi a volumi dell’editrice Claudiana (in particolare nel volume Chiese e Stato nell’Italia che cambia. Il ruolo del protestantesimo, 1998, in collaborazione con Sergio Aquilante, Giorgio Bouchard, Giorgio Tourn) e nella collana della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (La libertà degli altri, 1998); inoltre aveva redatto la voce «chiese evangeliche» nel Digesto italiano edito da Utet.

Franco Becchino, persona autorevole e convincente, ma al tempo stesso spiritosissima, fraterna e accogliente di fronte a chiunque, amava molto la sua città, e a essa dedicò anche una parte del suo tempo, dopo l’emeritazione, come organizzatore di lezioni e cicli di studi per l’Università della Terza età: invitato per due volte in quella sede, ho visto di persona come sapesse coinvolgere i concittadini e come sapesse cogliere l’occasione per diffondere fra loro il pensiero protestante e la storia dell’evangelismo italiano. Era però legato anche alle valli valdesi, dove si recava principalmente in estate: per questo non ha stupito la sua scelta di avere il servizio funebre nella sua città e venire poi sepolto al cimitero di Angrogna.

Immagine di Pietro Romeo

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