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Lo scorso 29 marzo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha confermato la revoca dei tagli ai fondi per le Politiche sociali e per le non autosufficienze. Aisla, Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, insieme a molte altre associazioni che si occupano del tema, hanno di conseguenza annullato il presidio previsto per il 4 aprile davanti a Montecitorio. «In un’intesa del 23 febbraio tra Governo, Regioni e Province era previsto un taglio dei fondi di 250 milioni di euro – spiega Pina Esposito, consigliera di Aisla – tagli che rappresentavano un grande rischio sulla presa in carico delle persone affette da patologie gravi e gravissime in Italia».

Non si trattava di fondi aggiuntivi, ma di cifre fondamentali per l’assistenza, è così?

«Questi flussi finanziari, che vengono stanziati dal Governo e vengono ripartiti rispetto alle regioni in base a determinati indicatori, rappresentano concretamente un contributo economico alle famiglie che serve a consentire alle famiglie di assistere i malati, che spesso necessitano di assistenza 24 ore su 24: ciò significa turni di presa in carico e aiuto per qualsiasi attività quotidiana, significa sostenere la famiglia, che si ritrova con un grandissimo peso sulle spalle. L’assegno di cura è la misura prevalente che la famiglia sceglie rispetto all’utilizzo di queste risorse; nel momento in cui si annuncia un taglio di questa portata, la preoccupazione c’è. Considerate che la nostra associazione, insieme a molte altre, da anni è impegnata nei confronto con i ministeri coinvolti proprio per migliorare la presa in carico delle persone: già 500 milioni non bastano, ma vedersi ridurre questi fondi significa creare terrore, disagio, paura e incertezza. Le malattie di cui parliamo creano già tanto disagio e tanta paura, non abbiamo bisogno di aggiungerne altre per problemi di natura finanziaria».

Come avete fatto a convincere il ministero?

«Appena abbiamo saputo dei tagli, insieme a una rete di altre associazioni abbiamo avviato una corrispondenza forte e incisiva nei confronti dei tre ministeri (Lavoro e politiche sociali, Salute ed Economia e finanze) e del presidente del Consiglio, chiedendo il ripristino immediato di questi tagli. Abbiamo chiesto che fosse riaperto il tavolo e qualunque altra forma di confronto per scongiurarli. Il 29 marzo abbiamo annunciato la protesta in piazza a Montecitorio, fissata per il 4 aprile. Il ministero ha convocato il tavolo per la non autosufficienza, in cui a gran voce abbiamo chiesto al ministro del Lavoro di evitare il taglio e anche di finire di pescare sempre dai fondi per le politiche sociali: Poletti ha risposto che si sarebbe impegnato con le Regioni per recuperare queste risorse. Abbiamo chiesto attraverso quale strumento legislativo si sarebbe scongiurato il taglio, ma in quel momento non ci è stato detto, dunque la richiesta al ministro Poletti e al sottosegretario Biondelli è stata di dichiarare pubblicamente con un comunicato di assunzione di responsabilità e di impegno. Questo non è arrivato fino a che, dopo una serie di interlocuzioni con il sottosegretario, il ministro Poletti ha fatto una dichiarazione nella tarda serata del 29, per ripristinare ogni taglio. Sono finanziamenti che hanno una grande criticità, perché trovano un’applicazione regionale diversa per ogni regione e vengono erogati con fasce di contribuzioni diverse: il comune di residenza, per esempio, diventa un elemento discriminante. Anche il tema della continuità assistenziale, che ancora manca, è critico: il ministero fa i finanziamenti e l’erogazione effettiva alle famiglie avviene in un arco temporale molto ampio, ma il tempo per noi è un fattore determinante, perché ciò che serve oggi, se arriva domani, potrebbe non servire più».

E ora?

«Permane il nostro stato di agitazione, cioè la nostra attenzione. I livelli di responsabilità sono molto alti, perché bisogna assolutamente lavorare affinché le regioni comunichino al ministero la definizione della platea dei gravi e dei gravissimi: un lavoro in atto da almeno 18 mesi perché si parli davvero di un piano strategico per la non autosufficienza con un carattere pluriennale e quindi strutturale, e perché queste risorse possano servire realmente per programmare degli interventi che aiutino puntualmente le famiglie. Lo stato deve garantire tutela affinché la famiglia non sia trascinata in un vortice di disagio e peso».

Immagine: via Pixabay

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