Tu Signore sei stato una fortezza per il povero, una fortezza per l’indifeso nella sua angoscia, un rifugio contro la tempesta, un’ombra contro l’arsura; poiché il soffio dei tiranni era come una tempesta che batte la muraglia
Isaia 25, 4
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati
Romani 8, 35.37
Nella stessa lettera ai Romani (14, 8), l’apostolo Paolo dice: «Sia che viviamo o che moriamo, siamo del Signore» e parlando agli ateniesi – secondo il racconto di Atti 17 – «In Dio viviamo, ci muoviamo e siamo», parafrasando il poeta greco Arato ed il filosofo stoico Cleante.
Ho letto anni fa il racconto di un ebreo che mentre era condotto verso la camera a gas pregava dicendo a Dio: «Hai fatto di tutto per farmi perdere la fede in te, ma io continuerò ad amarti ed onorarti».
Oggi la convinzione che la nostra vita e la nostra morte siano affidate alle mani premurose di Dio vacilla e sembra una pia illusione ad un numero crescente di persone. Si allarga la schiera di quanti, se non proprio atei, tendono a considerarsi agnostici. I più evitano imbarazzati di parlare di Dio.
Dobbiamo rivedere la nostra concezione e la nostra esperienza di Dio. Un Dio che per la crescente immensità degli universi scoperta dalla scienza, si rivela sempre più grande ed indicibile, ma anche un Dio che intuiamo sempre più radicato nelle oscure profondità del nostro inconscio. Tra questi due estremi noi viviamo, ci muoviamo e siamo. Ma sempre in Lui.
Non possiamo più pensare di coinvolgere Dio nelle nostre meschinità, né pretendere che ci difenda dal male che noi stessi costruiamo. Dio ci pone più che mai di fronte alle nostre responsabilità verso i nostri simili e verso la creazione che ci ha affidato. L’assurda esclamazione «Se Dio ci fosse non dovrebbe permettere…» deve essere sostituita dal riconoscimento delle nostre responsabilità: «Siccome siamo uomini e donne non possiamo permettere…».
Che ci crediamo o no – con tutte le difficoltà della vita – noi nasciamo, viviamo e moriamo in Dio e in Cristo. La disperata accusa dell’ebreo morente è comprensibile, ma se perdiamo la fede in Dio la colpa non è sua, ma di noi umani.