Anna Rossi Doria ci ha lasciati. Storica, impegnata nel movimento delle donne, figlia dell’economista Manlio Rossi Doria, moglie di Carlo Ginzburg e poi di Claudio Pavone, da poco scomparso, aveva fondato la Società italiana delle storiche. Già studiosa del movimento contadino meridionale, aveva dedicato poi molte ricerche alle dinamiche del voto femminile in Italia e al suffragismo anglosassone. Proprio in questo grande capitolo della storia del XIX e del XX secolo aveva incontrato molte donne protestanti di cui racconta nel suo libro La libertà delle donne (Rosenberg & Sellier, 1990). Il suffragismo fu, infatti, un grande movimento che coinvolse donne impegnate di ogni classe sociale, sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti, che produsse testi scritti, eventi, iniziative spesso consegnate all’oblio, ma che hanno seminato idee importanti come l’universalità del concetto di cittadino confrontato con la parzialità della sua incarnazione solo in soggetti maschili.
I testi raccolti da Anna hanno restituito un suffragismo da considerarsi a ogni titolo un movimento politico, ma non solo. Ciò che la storica ha dimostrato da antesignana è che il testo, la scrittura, il pensiero di ogni autrice era strettamente legato alle vicende della sua vita. La biografia è radicata nella scrittura e viceversa. Per questo le storie di vite riportano anche esperienze religiose. A esempio Elizabeth Cady Stanton (1815-1902), autrice della Dichiarazione dei sentimenti di Seneca Falls (1848), avrà un sodalizio teologico con la quacchera Susan Brownell Anthony che sarà il cuore del suffragismo americano fino a che, ottantenne, pubblicherà ancora The Woman’s Bible, un lavoro di analisi dei testi sacri condotto da un comitato da lei fondato. Presbiteriane, quacchere, unitariane, figlie e sorelle di pastore, escono dalle case per dedicarsi alle lotte per il diritto di voto alle donne, per la loro istruzione e per proclamare la parità dei doni ricevuti da Dio.
Anna Rossi Doria ci fece capire, specie in un seminario degli anni ottanta a Torre Pellice, invitata dalla Società di studi valdesi, come, oltre alla matrice illuminista e liberale, fosse stata la matrice religiosa evangelica a essere diventata leva di affermazione femminile come valore positivo anziché come inferiorità. In altre parole, il mondo protestante aveva fornito i presupposti teorici per la valorizzazione del sapere femminile che dal «dentro» si era portato «fuori», nelle strade, nell’accudimento dei poveri (le prime inchieste sociali sono fatte da donne), rendendo politica la domesticità privata. Tutto questo muovere le cose per forza interrogò le istituzioni, in modo non sempre pacifico. Ci volle quasi un secolo ancora prima che le donne nei paesi europei potessero votare ed essere elette. Ma alla fine accadde, grazie anche all’impegno delle suffragiste.