«Lutero, un fenomeno specificamente tedesco, radicale e fatale». Un preciso ritratto del Riformatore, questo di Karl Löwith, il cui destino (ma non solo il suo) venne plasmato dalle pagine scritturali, una a una, libro per libro. Qui, la sua radicalità e fatalità.
In circa 35 anni di insegnamento universitario, il Sassone tenne solo corsi di esegesi biblica. Lutero-Bibbia, un binomio, dunque, inscindibile e simbiotico. Nella sua vita – spesa fra cattedra e pulpito – lesse la Bibbia almeno venti volte e sconsigliava la lettura dei propri testi per concentrarsi esclusivamente sul Libro. Senza di esso non avrebbe potuto essere né qualificarsi con veemenza «D. Martin Luther». «Non sono solo un pazzo – scriverà alla nobiltà tedesca – ma un dottore giurato nella Sacra Scrittura». Una auto-comprensione che andava a tracciare a un tempo, con chiarezza, anche definizione e compito della teologia. Insomma, «la passione di una vita», come si esprime Franco Buzzi in un recente studio dedicato alla Bibbia di Lutero*.
I primi incontri di Lutero con la Bibbia hanno luogo a Erfurt, nella Biblioteca prima e nel monastero degli agostiniani poi; gli scontri sulla Bibbia, invece, dal 1508, a Wittenberg, con i suoi colleghi universitari dediti a una teologia speculativa e astratta. Ciò, precisa Buzzi, spiega «come l’esigenza, fortemente avvertita da Lutero, di tradurre la Bibbia sia nata dalla necessità di rievangelizzare le terre della Germania, offendo a tutti i tesori di spiritualità racchiusi nel testo sacro».
Prima di Lutero, in Germania giravano già varie traduzioni; a partire da lui, però, si poté disporre di una versione dalle caratteristiche peculiari: versione dall’ebraico e dal greco e criteri linguistici attinti a «una lingua sintatticamente semplice, foneticamente chiara e semanticamente trasparente, quella utilizzata dalla cancelleria della Sassonia, badando però anche al tedesco comunemente parlato dalla gente al lavoro». E nelle sue continue e costanti revisioni (dal 1522 al 1544), radicate in «una consuetudine di tipo esegetico», Lutero cerca sempre di mantenere un equilibrio fra la lingua di partenza e la lingua di arrivo: per lui, il tedesco parlato prevaleva sul tedesco scritto; detti criteri lo annoverano fra i padri della lingua nazionale moderna.
Tale impresa che assorbì il Riformatore esistenzialmente e per l’intera sua vita era mirata a «offrire la Bibbia a una lettura personale del popolo». Le varie edizioni recavano prefazioni e commenti a ogni singolo libro: quelle pagine andavano spiegate e interpretate per essere lette e predicate. Non fanatismo fondamentalista, dunque, bensì un primato della Parola annunciata su quella scritta: è l’annuncio di Gesù Cristo stesso quale contenuto dell’annuncio orale.
Infatti, la teologia di Lutero, fondata esegeticamente, è cristocentrica: l’intero Antico Testamento ruota intorno al tema della Legge e conduce a Gesù Cristo; i profeti di Israele, in particolare, lo annunciano insieme al suo Regno («tutto il discorso dei Profeti ruota intorno all’importanza fondamentale del primo comandamento»») e il Salterio è la fonte della dottrina della giustificazione per grazia. Il Nuovo Testamento e l’evangelo coincidono: esso, «propriamente, non contiene nient’altro che l’Evangelo e la promessa di Dio, insieme alle storie di coloro che hanno creduto a questo annuncio».
* Franco Buzzi, La Bibbia di Lutero, Torino, Claudiana-Emi, 2016, pp. 96, euro 9,50.