Ezechia fu colpito da una malattia che doveva condurlo alla morte; egli pregò il Signore, e il Signore gli parlò, e gli concesse un segno. Ma Ezechia non fu riconoscente del beneficio ricevuto; poiché il suo cuore s’inorgoglì
II Cronache 32, 24-25
Gesù non glielo permise, ma gli disse: «Va’ a casa tua dai tuoi e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fatte, e come ha avuto pietà di te».
Marco 5, 19
I bambini spesso tornano a casa raccontando ciò che hanno vissuto durante la giornata a scuola; quando si è più grandi si racconta, forse con un meno verve, ciò che si ha visto in strada o vissuto al lavoro. Ma di certo non torniamo a casa raccontando ciò che il Signore ci ha fatto. Preferiamo piuttosto lamentarci, e ripetere che le cose vanno sempre peggio…
Per raccontare le grandi cose che il Signore ci fa, bisogna vederle prima. Fatichiamo a vederle. Il contrario lo vediamo subito, invece. La resurrezione, i segni della risurrezione, fanno parte di un’altra dimensione che supera la nostra visuale di ogni giorno. La sofferenza altrui può esserci di conforto, mentre la risurrezione di un’altra persona raramente ci è di conforto.
Le grandi cose che il Signore ha fatto sono le sue opere di liberazione, di salvezza. La liberazione dalla schiavitù d’Egitto e la vittoria sulla morte di Gesù. Se queste due realtà formano l’orizzonte del nostro agire quotidiano, non fatichiamo a vedere i segni delle cose che il Signore ci fa. E possiamo raccontare ciò che oggi il Signore ci ha fatto alla fine della giornata quando torniamo a casa. Possiamo raccontare come un’inimicizia si è spezzata, come chi era pieno d’odio ha teso una mano. Una volta che allarghiamo la nostra visuale, vediamo cose che prima non vedevamo e possiamo guardare anche oltre la sofferenza, possiamo sperimentare che oltre le nostre lamentele esiste un altro mondo: appunto quel mondo delle grandi cose del Signore.