Getta sul Signore il tuo affanno, ed Egli ti sosterrà
Salmo 55,22
Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti
Filippesi 4, 6
Un appello ad abbandonarsi pieni di fiducia in Dio anche in mezzo alle necessità e alle oscurità dell’esistenza perché Dio stesso si fa carico di provvedere e sostenere. Il salmo giunge a questo, dopo una certa drammaticità. Il salmista vuole liberarsi dello sgomento per la violenza nella città, il tradimento degli amici, e le conseguenti emozioni e tensioni (rabbia, paura, batticuore) e desidera fuggire (volare verso un luogo di nascondimento). Evadere, fuggire da una realtà vissuta come insopportabile. Guardiamo a noi e tante volte pur di non vivere nei nostri corpi la contraddizione del male (dell’empietà come dice il salmo) perseguiamo ricerche di serenità, strategie di fuga, di esclusione del negativo con le tecniche più disparate.
Possiamo non guardare più i telegiornali, tenere lontane le persone che ci richiamano con la loro situazione lo scatenarsi del male, non stare al capezzale di un ammalato, non partecipare ai funerali, vedere solo film a lieto fine o circondarci di belle frasi dolci. Tutto per evitare il peso e quell’affanno che sicuramente sono una minaccia al nostro stare in piedi con le nostre convinzioni e il governo delle nostre emozioni. Essere umani davanti a Dio significa rimanere lì dove sei sempre stato nei giorni della gioia anche se diventa il centro dello scatenamento del male. Rimanere lì nella città violenta, cioè sulla scena collettiva, affrontare la prova dello sfaldarsi della comunità umana. Ciò che puoi fare è scaricare su Dio il peso che stai portando. Come molti salmi anche il nostro, descrive la fiducia in Dio come un cammino che si percorre tra la propria indignazione, il proprio dolore, e la disponibilità di Dio a sostenere il tuo restare in presenza del male, come punto fermo. Il cristianesimo ha fatto sua la fiducia cui appella questo salmo e forse ha perso un’ipotesi interpretativa secondo cui il nostro versetto è pronunciato a scopo di derisione da chi gode del male del salmista; un tentativo di far vacillare anche la presenza di Dio di fronte al male. Il salmo tuttavia nella sua conclusione è fermo: io confido in te!