Dio ama la diversità
14 marzo 2023
Un giorno una parola - commento a Isaia 66, 18
Il tempo è giunto per raccogliere tutte le nazioni e tutte le lingue; esse verranno e vedranno la mia gloria
Isaia 66, 18
Il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre» è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio, che rifulge nel volto di Gesù Cristo
II Corinzi 4, 6
Il libro di Isaia si conclude con un messaggio che, anziché chiudere la storia di Dio con il popolo d’Israele verso l’interno, la apre verso l’esterno.
Isaia annuncia che il Signore viene per radunare tutti i popoli intorno al monte Sion, divenuto centro universale di salvezza per tutta l’umanità, e promette anche a loro che vedranno la sua gloria. È un messaggio universale che, andando oltre l’elezione del popolo d’Israele, parla della salvezza concessa ai pagani. Isaia non fa che ribadire la dimensione universale e universalistica della promessa di Dio fatta ad Abramo dicendo: «In te saranno benedette tutte le famiglie della terra» (Genesi 12, 3 e 22, 18); una promessa che tocca tutti noi che siamo lontani discendenti di pagani, che hanno creduto e sono diventati figli di Abramo (Gal .3, 7).
È una promessa che si è realizzata in Gesù Cristo, discendente di Abramo. In lui è concesso a tutti i popoli di “vedere la gloria” del Signore, ciò che non significa altro che godere di quella grazia che è stata concessa solo a Israele; poiché il privilegio speciale di quella nazione era quello di vedere la gloria di Dio e di avere segni della sua presenza, il Signore annuncia ora che i pagani, che non avevano goduto di questi vantaggi, vedranno ed osserveranno quella gloria, perché il Signore si rivelerà a tutti senza eccezione. Dio rompe le barriere religiose, etniche, culturali, e linguistiche, per creare un nuovo popolo fatto di giudei e pagani, ma soprattutto un popolo multicolore, multiculturale, e multilingue.
Ciò attesta che Dio ama le diversità. Termino questa riflessione con le parole di Lesslie Newbigin, il quale scrive: «Confessando Gesù come signore in una società plurale, mentre la chiesa cresce aggregando gente che da tradizioni culturali e religiose molto diverse viene alla fede in Cristo, siamo messi in grado di imparare qualcosa di più sulla larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Dio (Efesini 3, 14-19), più di quanto potrebbe avvenire in una società un monocolore».