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Superare la nostra cecità

Un giorno una parola – commento a Marco 10, 48-49

Affrèttati in mio aiuto, o Signore, mia salvezza!
Salmo 38, 22

Il cieco Bartimeo gridò: «Figlio di Davide, abbi pietà di me». Gesù, fermatosi, disse: «Chiamatelo!» 
Marco 10, 48-49

Gesù era in viaggio risolutamente verso Gerusalemme, ma dovette fermarsi quando qualcuno invocò il suo aiuto: il cieco Bartimeo aveva alzato la sua voce per farsi vedere, per mostrare al maestro la sua condizione.

Bartimeo non poteva vedere Gesù, ma poteva essere visto da Lui. Eccolo allora gridare con la forza della disperazione, e, nonostante l’incomprensione dei presenti, quel grido giunse alle orecchie del Figlio di Davide che intervenne in suo aiuto.

La cecità dei presenti e la loro presunzione erano il vero ostacolo all’incontro tra Gesù e Bartimeo. Chi sgridava Bartimeo, forse era in buona fede e cercava di proteggere il Maestro da quel postulante, ma Gesù era del parere contrario: si ferma, incontra, dialoga e guarisce il cieco, ma prima gli domanda: «Che cosa vuoi che faccia per te?» e quello rispose: «Che io veda di nuovo». Quella richiesta non rimase inevasa, perché il Signore non delude mai. 

Oggi come allora, con i nostri comportamenti, talvolta, non forniamo un buon servizio all’annuncio della gratuita Grazia. La nostra testimonianza, se c’è, è fiacca ed inefficace, tanto da costituire più un ostacolo che un’opportunità alla predicazione del Vangelo. Un tale stato di cose certifica l’inutilità della nostra esistenza di credenti.

Viene dunque da domandarsi: “Come seguaci di Cristo, quale strada stiamo percorrendo? E con quale atteggiamento?”.

Il Signore ci aiuti a superare questa cecità che ci blocca e ci impedisce di alzare la nostra voce.

Immagine: La guarigione del cieco nato, mosaico di Marco Ivan Rupnik

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