Elezioni amministrative: in Piemonte 30 comuni con lista unica
09 giugno 2022
Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani: «Necessaria una profonda revisione dell’assetto istituzionale
Domenica 12 giugno si torna alle urne: in 93 Comuni piemontesi i cittadini saranno chiamati a rinnovare il consiglio ed eleggere il nuovo sindaco per la nuova legislatura. Nel pinerolese andranno al voto Angrogna e Fenestrelle. Una tornata elettorale che, ancora una volta, vede un cospicuo numero di Comuni presentare una sola lista di candidati. Un fenomeno in crescita e preoccupante, che vede il Piemonte in testa a questa triste classifica con ben 30 Comuni. Oltre alla constatazione della scarsa partecipazione politica nei territori, il dato porta con sé lo spauracchio del commissariamento: la legge prevede infatti, in queste situazioni, il raggiungimento di determinati risultati numerici come il quorum, che deve obbligatoriamente superare il 40% degli aventi diritto (era il 50% fino alle scorse elezioni, ndr) e la percentuale di schede valide, il cui limite minimo è fissato al 50%. Se risulta superfluo interrogarsi sugli svantaggi che comporta il commissariamento, che vanno dalla scarsa rappresentatività democratica sui territori all’impossibilità di progettare al di là dell’ordinaria amministrazione, si impone invece una riflessione sul fenomeno e la ricerca di strumenti per contrastare questo “deserto politico”.
Sulla questione si è espressa l’Uncem, Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani che, attraverso il proprio presidente Marco Bussone, esprime la necessità di una profonda revisione dell’impianto istituzionale degli enti territoriali «Il fenomeno delle liste uniche è un problema che ci portiamo dietro da almeno 15 anni - spiega Bussone - e deriva da una serie di fattori tra cui la disaffezione alle istituzioni e l’eccessiva mole di responsabilità che un amministratore si deve accollare. Tale quadro impone una profonda revisione istituzionale, a partire dal Testo Unico degli enti locali il cui ultimo aggiornamento risale ormai a più di 20 anni fa»
Un profondo ripensamento dell’architettura istituzionale che deve poggiare, secondo Bussone, principalmente su due cardini: «Il problema è alla radice e riguarda la distribuzione di compiti tra Stato, Regioni e, a cascata, enti locali. Il primo punto su cui deve poggiare la riforma è il concetto che i comuni grandi e piccoli devono lavorare insieme. Collegata a questo principio deve passare l’idea che non tutti comuni possono fare tutto: pur nel rispetto dell’autonomia territoriale le amministrazioni per sopravvivere devono condividere piani regolatori, pianificazione territoriale e strumentazione per lo sviluppo. In sintesi: o ci si salva insieme o si è destinati a soccombere»
Accanto alla questione delle liste uniche esiste poi un’ulteriore anomalia, anch’essa in crescita, consistente nelle cosiddette “liste farlocche”, ossia liste di candidati senza un legame diretto con il territorio che si candidano a rappresentare. «L’esistenza di queste liste - osserva Bussone - nate per prendere qualche consigliere, volute da partiti politici, da ideologie che si trasformano in liste, da chi vuole portare a casa qualche ora di permesso per il mandato elettivo o esercitare una funzione che ha poco a che fare con la democrazia, essendo molte di queste liste completamente avulse dalle comunità e senza alcun legame con i territori, rappresenta una vera e propria stortura della democrazia. In questo senso è apprezzabile il lavoro che la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati sta facendo per intervenire per evitare queste situazioni, inserendo un numero minimo di firme da raccogliere nei Comuni più piccoli, che non inficerebbe di certo le “candidature territoriali”, le agevolerebbe, mettendo invece fuori gioco le liste farlocche “in batteria”, con simbolo e programma identico in cinque, dieci, venti Comuni di un territorio. Liste e situazioni delle quali, nei territori, facciamo volentieri a meno».