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Imparare il metodo della grazia

Un giorno una parola – commento a Neemia 13, 2

Il nostro Dio convertì la maledizione in benedizione
Neemia 13, 2

Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione
II Corinzi 5, 19

Neemia si riferisce al mutamento avvenuto nel dire di Balaam, l’indovino moabita contrattato per maledire con le sue parole il popolo di Dio. La Kelalà (maledizione) è “convertita”, subisce un processo di teshuvà, per cui è mutata da Dio inBerakhà (benedizione). Quanto sia difficile e arduo tante volte per lo stesso Dio questo mestiere di mutare in benedizione la maledizione è degno di nota; si tratta di uno dei temi più appassionanti della Bibbia considerata come insieme. La creazione si conclude, nel primo racconto della Genesi, con l’affermazione “e Dio benedisse la totalità della sua creazione”. Questa potrebbe essere stata l’ultima e definitiva parola sull’intera creazione, la storia sarebbe stata l’esperimentare il dispiegamento della benedizione sul mondo e le creature. Al capitolo 3 della Genesi invece inizia un’altra storia. Il peccato e la sua maledizione s’insinua possente nell’essenza stessa dell’operare umano; poi, scorrerà come veleno incancrenendo dalle viscere stesse dell’essere umano noi e l’intera creazione.

Ma Neemia ci dice che Dio non ha abbandonato la storia dell’umanità e della creazione alla logica dell’anti-parola maledicente, ma Dio stesso ha trovato in sé, negli abissi insondabili della sua grazia, un “metodo” per convertire la maledizione in benedizione. Egli prende su di sé la maledizione e la converte in benedizione. “Maledetto è colui appeso al legno della croce”, e ha dato a noi lo stesso compito di trasformare la maledizione in benedizione. Malgrado noi, la nostra passione per mescolare maledizione e benedizione nei nostri giudizi affrettati su quello che è umano, dobbiamo imparare il metodo della grazia: la maledizione è convertita in benedizione quando l’assumiamo su di noi per trasformare da dentro, con la forza dell’amore, il maledetto di oggi in benedetto.

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