Dio dà senso all’essere comunità
04 febbraio 2022
Un giorno una parola – commento a Romani 12, 10
Àlzati davanti al capo canuto, onora la persona del vecchio e temi il tuo Dio. Io sono il Signore
Levitico 19, 32
Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente
Romani 12, 10
Rendersi onore vicendevolmente, anzi renderlo al prossimo più di quanto uno abbia ricevuto. Dunque, uno dei capisaldi della chiesa, che è l’argomento su cui l’apostolo Paolo sta scrivendo in questi versetti, sembrerebbe essere la buona educazione, tendente al limite dell’affettazione. Forse terminata la parte della sua lettera ai Romani caratterizzata dal forte spessore teologico, l’apostolo trova un po’ di tempo per dilettarsi con il galateo?
In realtà il termine che Paolo usa e che viene tradotto con onore va ben oltre un pur bel sentimento umano di rispetto reciproco. L’onore di cui si parla è una parola frequentemente riferita a Dio con la quale si descrive la maestà, la dignità che gli è dovuta. Ma attenzione, qui non si sta divinizzando l’umano, ritenendolo uguale al Signore e dunque degno di un onore unico, della venerazione; si sta piuttosto stabilendo un principio molto importante: la chiesa è il luogo in cui mi è dato di riconoscere il Signore nel mio prossimo e quindi non posso tributargli minor onore, minor rispetto e soprattutto minor amore di quelli che tributerei a Dio. Allo stesso tempo io scopro di essere ugualmente prezioso agli occhi delle mie sorelle e dei miei fratelli, amato e onorato non per le mie qualità, ma perché agire così è parte della vocazione della chiesa.
La chiesa non è un microcosmo isolato, separato da tutto il resto e indifferente a quanto avviene nel mondo. I rapporti che siamo chiamati a costruire nella chiesa non sono dunque il rispondere a regole segrete e destinati a rimanere all’interno, ma devono essere una testimonianza affinché ovunque impariamo a rispettarci e onorarci semplicemente per ciò che siamo: figli e figlie di Dio.