Il raro e importante ecumenismo degli studi storici
25 gennaio 2022
Un libro dedicato a Bartolo Gariglio, per anni docente di Storia contemporanea a Torino
C’è un ecumenismo teologico, filosofico e liturgico, e c’è un ecumenismo fatto di studi storici, raro e importante. È questo il caso del percorso di ricerca di Bartolo Gariglio, già docente di Storia contemporanea a Torino, a cui ora l’Università dedica una raccolta di saggi a lui dedicati*. Un “cattolico democratico e ecumenico” – come si definisce lui – autore di un fondamentale Cattolici, ebrei ed evangelici nella guerra, e poi di Rabbini, pastori e preti nella guerra (ambedue editi da Franco Angeli), amico del mondo evangelico, varie volte invitato ai Convegni della Società di Studi valdesi, autore di una preziosa introduzione al libro di Giorgio Bouchard La fede di Barack Obama (Claudiana, 2009) e di un’altra dal titolo significativo: «L’“anello forte” delle Chiese Battiste», al mio Oltre il mare del tempo (Trauben, 2016) sulla storia delle donne battiste.
Gariglio è stato anche amico di Alberto Cabella, che fu vicepresidente del Centro Gobetti, di cui tuttora lo stesso Bartolo è nel direttivo, con molti studi al suo attivo, tra cui la promozione della riedizione dei saggi editi da Piero Gobetti. E da anni partecipa – con la moglie Maria Teresa («un matrimonio felicissimo», dice) – alle Giornate gobettiane di Meana di Susa: quest’estate, per i 120 dalla nascita di Gobetti, hanno rinunciato all’ ultimo giorno di ferie per venire...
Nelle curiosità intellettuali e nella ricerca spirituale c’è sempre un aspetto congiunto, per i credenti. Gariglio comincia con un professore di filosofia tomista, al liceo salesiano «Valsalice», a Torino, poi approda con una borsa di studio all’Università Cattolica di Milano: provenendo, negli anni del Concilio, da ambienti torinesi progressisti, si scontra con Comunione e Liberazione, «già presente e potente» –ricorda –: «e nell’insieme compresi che il tomismo non mi permetteva di capire il mondo, perciò seguii docenti come Italo Mancini e Virgilio Melchiorre, che erano conciliaristi, vicini a Pareyson, a Mounier, all’esistenzialismo spiritualista; e dal punto di vista della mia formazione, fu determinante Roberto Ruffilli – poi ucciso dalle Br – che, seguendomi nella mia passione per la storia contemporanea, mi mise in rapporto a Torino, con Ettore Passerin D’Entrèves e soprattutto con Francesco Traniello, cattolici conciliatoristi – come lui dichiarava, cioè che cercavano di conciliare la modernità con la cultura cattolica –, che mi prese sotto la sua ala protettrice».
Inizia così la scoperta di Piero Gobetti, e del suo rapporto con don Sturzo in particolare (il suo primo saggio è Gobetti e i popolari), da cui nacque il suo studio sul movimento sindacale cattolico e l’opposizione cattolica al fascismo, che lo porta ad aprirsi all’interesse per le minoranze religiose durante la guerra, di cui i libri sopra citati: «Io ho un sogno nel cassetto – confida – studiare la storia dell’ecumenismo in Italia; ho studiato – commenta – ma non ho ancora cominciato a scrivere...». Arduo compito davvero!
Ma al tempo stesso la sua inesausta curiosità di storico lo induce a perlustrare, all’opposto, le correnti ottocentesche laiche e anticlericali: incontra la figura di Felice Govean, fondatore de La Gazzetta del popolo, e incrocia di nuovo il protestantesimo, scrivendo un saggio sul dramma I valdesi, che un tempo i giovani recitavano nelle nostre chiese al 17 febbraio. E si apre così il suo percorso di storico, oltre che del movimento dei lavoratori, anche del giornalismo, che lo porta, tra i suoi tanti incarichi (cito anche solo la presidenza, succedendo a Franco Bolgiani, del comitato scientifico della “Fondazione Michele Pellegrino”), a essere membro dei comitati scientifici del “Centro studi per il giornalismo Gino Pestelli”, e inoltre della “Fondazione Donat-Cattin”. Non si è certo risparmiato nell’esplorazione del mondo. Tornando ai suoi tantissimi saggi sull’amato Gobetti, ricordo ancora lo studio delle lettere che gli antifascisti scrissero ad Ada dopo la morte di Piero («straordinarie quelle delle donne» – dice), da cui nacque L’autunno della libertà (Bollati Boringhieri, 2009), un libro premiato. Ma è il credente, che gli ha fatto vivere con passione il suo mestiere: qualche tempo fa, tornando insieme da un dibattito al Polo del ‘900, io consideravo che avevo incontrato tante persone significative da cui avevo imparato, ma nessuno che si potesse considerare il mio Maestro: «Perché per noi l’unico Maestro è Gesù», mi rispose.
* Mauro Forno, Marta Margotti (a c. di) Dalla parte della storia. Scritti in onore di Bartolo Gariglio. Brescia, Morcelliana, 2021, pp. 224, euro 25,00.