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Il Politecnico di Torino conferma l'accordo con l'agenzia Frontex, nonostante le polemiche

L'accordo da 4 milioni di euro per la produzione di mappe per l'agenzia europea che vigila sui confini non è stato ritirato dal Senato accademico

L’argent fait la guerre è solita dire mia madre a chiusura di ogni discussione che riguarda la politica, la società, la vita insomma. Un tempo, (quello delle utopie?) credevo fosse un’esagerazione retorica, un’iperbole, mentre oggi ho l’impressione che sia una frase che andrebbe scritta, a perenne monito, sui muri degli edifici pubblici, come quelle sulla giustizia uguale per tutti (si, ciao) nei tribunali.

4 milioni di euro devono essere un bel po' di argent per le casse di una università, di solito alle prese con salti mortali e equilibrismi per fare quadrare i conti in un Paese in cui il budget per il settore istruzione è deficitario, per usare un grosso eufemismo, da anni. 

Così devono esser parsi anche al Politecnico di Torino quei 4 milioni di euro, offerti dall’agenzia europea Frontex, quella che vigila sui nostri sonni tranquilli di impauriti europei, respingendo con ogni mezzo le decine di migliaia di disperati che bussano ai nostri confini, in terra o in mare.

Un accordo pagato profumatamente, segnale delle amplissime, quasi infinite davvero, risorse in mano a chi deve dirigere le politiche di contenimento dei flussi, a fronte della fornitura da parte dell’ateneo di mappe e infografiche necessarie «per supportare le attività» dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Strumenti affinché Frontex possa compiere meglio, al meglio, il proprio ruolo di cane da guardia.

Al Politecnico dunque il compito di produrre mappe le più accurate possibile dei vari territori di confine, in maniera tale che le forze di polizia possano muoversi al meglio sul terreno. Per fortuna c’è sempre un giudice a Berlino, che questa volta ha preso le sembianze di Michele Lancione, docente di Geografia politica-economica nello stesso Politecnico. 

La sua pubblica dissociazione dagli accordi di cui sopra, con alcuni altri colleghi, pochini a dire il vero, la sua denuncia precisa delle accuse rivolte all’Agenzia europea, che vari tribunali e anche la Corte di giustizia europea hanno già messo sotto i riflettori in questi ultimi anni per gli abusi e le violenze commesse, ha sollevato il tappeto sotto il quale era stato nascosto in sordina l’accordo, e ha creato un moto di indignazione che ha visto cittadini, comitati, organizzazioni, e studenti, spendersi per urlare il proprio no al patto fra un luogo di studio e ricerca e un attore al centro delle accuse per sistematiche violazioni dei diritti umani.

Mica cose di poco conto. 

Per farla breve ieri era il momento delle scelte. Il rettore del Poli Guido Saracco è pure sceso in strada per prendere parola davanti ai manifestanti e ricordare loro l’attenzione che l’ateneo ha per i diritti in senso lato. Poi è risalito nelle stanze dei bottoni, asserragliato e tutelato da uno spiegamento di forze dell’ordine fuori ogni proporzione, che rappresentano sempre per lo meno un ossimoro se associate al mondo della scuola, anche quando questa protesta pacificamente, come ieri. 

Nel tardo pomeriggio il comunicato partorito dal Senato accademico che dà il via libera all’accordo Frontex-Politecnico. Nel testo, ripreso in un lungo post dallo stesso professor Lancione, si legge che «si è deciso di introdurre una clausola vincolante, che specifichi l’impegno tanto del personale docente coinvolto quanto del committente, ad agire in osservanza del rispetto dei diritti umani e fondamentali delle persone, oltre che dei principi dell’integrità della ricerca».

Siamo curiosi di capire come l’ateneo potrà vigilare su tale rispetto dei diritti umani. Di sicuro a vigiliare rimarranno chi, come il professor Lancione e le varie associazioni che sono state al suo fianco, credono in un modello di accoglienza differente.

L’occasione per mostrare un volto differente del “mercato” dello studio è stata dunque perduta. Ma ha ragione mamma, è l’argent qui fait la guerre.

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