Patrick Zaki Libero!
09 dicembre 2021
«Voglio dire grazie agli italiani, a Bologna, all’Università, ai miei colleghi a chiunque mi abbia sostenuto…»
Patrick Zaki appena uscito dal carcere, concede il suo primo abbraccio alla sorella. «L’immagine di un giorno bello, di speranza», scrive su twitter il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli postando l’immagine dello studente egiziano mentre abbraccia la sua famiglia all’esterno del commissariato di Monsoura.
Libero dopo 22 mesi di carcere, e dopo il saluto alla sua famiglia e ai presenti, il pensiero di Zaki (incalzato anche dai giornalisti) va all’Italia e alla sua città di Bologna, che ha accolto con calore la notizia della scarcerazione, partecipando alla straordinaria mobilitazione delle ore precedenti la decisione.
«Voglio dire grazie agli italiani, a Bologna, all’Università, ai miei colleghi a chiunque mi abbia sostenuto», ha dichiarato all’agenzia di stampa Ansa.
«Aspettavamo di vedere quell’abbraccio tra Zaki e la sua famiglia da 22 mesi e oggi pensarlo al riparo nella sua casa e tra le sue lenzuola al caldo e non in terra nel cemento è rassicurante, quell’abbraccio carico di affetto giuntogli anche dai famigliari era anche quello dell’Italia, di tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l’università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell’abbraccio potesse finalmente avverarsi», ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
«Un abbraccio – prosgue Noury – arrivato anche grazie ai tanti mezzi d’informazione che hanno tenuto alta l’attenzione per 22 mesi. Ora che abbiamo tirato un respiro di sollievo per quell’abbraccio, aspettiamo che questa libertà sia permanente. La liberazione di Zaki è certamente un passo avanti nella direzione della giustizia. Con quest’auspicio arriveremo al primo febbraio, dunque alla prossima udienza. Un sentito grazie – ha concluso Noury –, va a tutte le persone che hanno contribuito a raggiungere questo traguardo. La battaglia per la liberazione di Patrick però continua. Zaki è un prigioniero di coscienza accusato esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media. Le accuse a suo carico devono essere annullate del tutto».