Essere fedeli al patto con Dio
24 novembre 2021
Un giorno una parola – commento a Deuteronomio 29, 17
Non vi sia tra di voi nessuna radice che produca veleno e assenzio
Deuteronomio 29, 17
Paolo scrive: «Il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi»
I Tessalonicesi 3, 12
Da quando, nel 2013, Francesco Bergoglio è stato eletto papa, lo abbiamo sentito spesso denunciare il veleno e l’assenzio di cui si parla nel libro del Deuteronomio. Pettegolezzi, invidie, quel seminar zizzania che crea conflitto, contrapposizione, volontà di dominio, il gareggiare per essere “il più grande”, inutilmente stigmatizzato da Gesù in persona. Alle parole di Bergoglio è facile pensare al Vaticano, alle sue zone d’ombra. Ma l’intimazione del deuteronomista ci fa capire che nessuno si può sentire al riparo da questi rimproveri. Non in nome di un generico appello alla fratellanza e sorellanza. Non in nome dell’amare il prossimo tuo come te stesso. Non per un’adesione retorica, spesso intrisa di ipocrisia, all’unità cui ci sollecita il Gesù giovanneo. Anche, ma non solo. In primis per fedeltà al patto con il Signore. Perdere di vista che questa fedeltà sta alla base e all’origine dell’essere chiesa e dell’essere credente in relazione a sé e agli altri, comporta un decentrare la fede da Dio a noi. Diventiamo noi il centro della fede. Quindi, nella migliore delle ipotesi, la nostra coerenza di fede si traduce in coerenza a noi stessi, a un dover essere che ci siamo dati, a una scelta etica, autonomamente intesa. Il Signore diventa superfluo. Prima che Mosè avverta gli israeliti a non farsi portatori di odio, smembrandosi come popolo prima, come nazione poi, indica quale dev’essere l’antidoto: nessun uomo, donna, tribù o famiglia “volga il cuore lontano dal Signore, il nostro Dio”. Il popolo di Dio è questo. Non è fonte di odio, non fomenta conflitti non perché non sono eticamente o socialmente o politicamente sostenibili. Ma per fede. Dalla fedeltà al Signore discende la fedeltà al suo progetto. Che è un progetto di riappacificazione, di rinnovata relazione con Lui. Da questa relazione di fedeltà rinascono i nuovi rapporti umani improntati sull’uguaglianza. Uguaglianza di tutti e di tutte i contraenti del patto che il Signore ha rinnovato in Cristo Gesù.