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Ddl Zan, due anni di battaglie anche per le chiese protestanti

Gli interventi pubblici, i seminari, i ragionamenti attorno alla legge contro omotransfobia e abilismo affossata dal Senato ieri hanno coinvolto a lungo e a fondo le chiese riformate e evangeliche italiane

Le chiese valdesi, metodiste, battiste, luterane in Italia non hanno certo taciuto in questo ultimo anno e mezzo di fronte al travagliato iter parlamentare che il Disegno di legge contro l’omotransfobia e l’abilismo, definitivamente affossato nella giornata di ieri 27 ottobre dal voto segreto del Senato, almeno come lo abbiamo conosciuto, studiato e commentato fino ad oggi.

Lo hanno fatto intanto attraverso l’organizzazione di vari momenti di incontro e riflessione: per citarne un paio soltanto: lunedì 22 giugno del 2020, il webinar dal titolo "Superare l'omolesbobitransfobia. Che cosa prevederà la legge?” organizzato varie associazioni e gruppi, tra cui la Refo, Rete Evangelica Fede e Omosessualità, la Commissione Fede e Omosessualitá delle chiese battiste, metodiste e valdesi, Ali d’aquila, Cammini di Speranza, diverse comunità di base; e il seminario alla chiesa battista di Grosseto di giovedì 27 maggio di quest’anno dal titolo “Disegno di legge Zan: una legge contro l’odio che non toglie libertà a nessuno” promosso dall’Ass. Rosa Parks e dalla Rete evangelica fede e omosessualità (Refo) in occasione della Giornata internazionale contro l’omo-bi-transfobia.

A novembre 2020, un anno fa oramai, il cosiddetto ddl Zan dal nome del primo promotore, veniva votata  alla Camera. Giorgio Rainelli, presidente della R.E.F.O, rete evangelica fede e omosessualità e co-coordinatore della Commissione fede e omosessualità delle chiese battiste, metodiste e valdesi commentava così: «Dopo anni di lotte finalmente viene approvata alla Camera la legge che tutela le persone LGBTQIA, nonostante la forte opposizione delle destre più retrive. Un passo avanti é stato fatto nel riconoscimento e nella tutela dei diritti non solo delle persone LGBTQIA ma di tutte e tutti».

«Forse – proseguiva Rainelli – possiamo parlare dell’inizio della fine della discriminazione in base al genere e all’orientamento sessuale. Serve ora una campagna di sensibilizzazione mirata a rimuovere gli ostacoli culturali per combattere chi ancora vede nella parità di diritti una minaccia. La mobilitazione per l’approvazione di questa legge é stata forte non solo tra la persone LGBTQIA ma anche nella società civile e questo é un indice dei tempi che stanno cambiando. La Camera dei Deputati ha approvato, finalmente, una legge che, quando avrà ottenuto anche l’ok del Senato, renderà un po’ più libere e liberi tutte e tutti noi».

L’ok del Senato non è arrivato e tutte e tutti siamo un po' meno liberi, lasciando sul tema il nostro Paese allineato a democrazie quali l’Ungheria e la Polonia.

Nella stessa occasione la vice decana della Chiesa evangelica luterana in Italia, pastora Kirsten Thiele, si definiva «Da un lato sono molto contenta, era ora. D’altra parte, devo ammettere che trovo triste che sia necessario promulgare una tale legge. Nel senso che è “normale”, o dovrebbe essere “normale”, mettere questo tipo di discriminazione sullo stesso piano di qualsiasi altro tipo di diffamazione. Da molti anni eseguiamo la benedizione delle coppie di fatto, delle coppie che vivono in una relazione di tipo matrimoniale, sia che si tratti di coppie dello stesso sesso sia di coppie eterosessuali. E siamo contenti che anche la legislazione italiana da qualche anno riconosca a queste unioni la stessa tutela giuridica del matrimonio».

Si arriva a primavera di quest’anno. Paolo Naso, coordinatore della Commissione Studi Dialogo e Integrazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia interveniva a seguito delle parole di netta chiusura di fronte al disegno di legge da parte della Cei, la Conferenza episcopale italiana, «La Chiesa non è un tribunale della sessualità rimarcava Naso -, ma una comunità che si raccoglie attorno all’amore di Dio e che vive nell’amore per gli altri. Ciò che decide della partecipazione alla Chiesa non è la sessualità, ma il dono della fede. E questo che si predica in molte chiese evangeliche – certamente non in tutte – ed è in questo spirito che molti settori dell’evangelismo italiano guardano al disegno di legge sul contrasto all’omotransfobia. Quella proposta dall’onorevole Zan non è una legge ideologica sull’omosessualità, ma uno strumento a tutela delle vittime di violenze, discriminazioni  e insulti odiosi che offendono e talvolta uccidono. E per questo la legge è urgente, perché i diritti e le tutele sono sempre urgenti. Anche quelli di chi, a causa della propria sessualità, è emarginato dalla propria famiglia, deriso dai suoi compagni, minacciato da gruppi di odiatori, offeso sui social media».

A giugno, ancora da Oltre Tevere, un nuovo intervento a gamba tesa: questa volta tocca all’inusuale nota verbale della Segreteria vaticana all’ambasciata Italiana, mediante la quale i vertici cattolici vedevano nel disegno di legge addirittura una messa in dubbio delle «libertà garantite dal regime concordatario».

La replica evangelica arriva direttamente dal presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Luca Maria Negro: «Ci sorprende e ci preoccupa l’iniziativa della Segreteria di Stato vaticana che, tramite l’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, avrebbe formalmente chiesto una revisione del Ddl Zan in materia di omotransfobia perché il testo all’esame del Senato violerebbe l’accordo di revisione del Concordato».

Per Negro, «il Ddl Zan non limita in alcun modo la possibilità della Chiesa cattolica o di altri soggetti di impartire liberamente il proprio insegnamento morale ma si limita a punire chi propaganda ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. La norma, difatti, non limita né sanziona un insegnamento, un precetto o un’idea ma la propaganda o l’istigazione di un atto di discriminazione. Si tratta di una distinzione essenziale e per questo, con la massima fraternità ecumenica, ci permettiamo di invitare i vertici vaticani a considerare questa norma con uno spirito protettivo e amorevole nei confronti delle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sulle disabilità».

«Per parte nostra sentiamo di dover esprimere il nostro pieno sostegno pastorale e umano a quanti, per il loro orientamento sessuale o per le loro disabilità, ogni giorno subiscono attacchi, derisioni e violenze. Auspichiamo che il Parlamento, nello spirito laico che deve orientarlo – conclude il presidente della Fcei – valuti con senso di responsabilità e discernimento il testo in discussione e deliberi con l’urgenza imposta dalla gravità del tema».

L’ avvocata Ilaria Valenzi, consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia rimarcava: «Com’è noto, il Ddl Zan si propone di introdurre misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, per il tramite di una serie di integrazioni a disposizioni penali che già prevedono la punibilità dell’istigazione a delinquere e del compimento di atti di violenza per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (artt. 604bis e 604ter c.p.). Tali misure prevedono inoltre l’estensione della “Legge Mancino”, principale strumento legislativo contro i crimini e l’incitamento all’odio e l’istituzione di una “Giornata nazionale di sensibilizzazione” sui temi indicati, per la promozione della cultura del rispetto e dell’inclusione, con l’organizzazione di attività anche nelle scuole.

È in particolare la criminalizzazione delle condotte discriminatorie a preoccupare la Segreteria di Stato, che individua in una tale introduzione il rischio di compressione delle libertà che il regime concordatario assicurerebbe alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli. Il riferimento è all’art. 2 dell’Accordo di revisione del Concordato del 1984, nella parte in cui è riconosciuta alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa e ai cattolici e alle loro organizzazioni la piena libertà di manifestazione del pensiero. La genericità della definizione di atto discriminatorio, si sostiene, comporterebbe il rischio di vedere punite ipotetiche forme di esercizio di un diritto di libertà.

Al di là di ogni valutazione sul significato da attribuire all’integrazione di casi di istigazione a delinquere, quella delle condotte discriminatorie è faccenda che proietta la discussione sul Ddl Zan in una dimensione internazionale. È noto il dibattito in corso nelle Corti americane in ordine al bilanciamento tra il diritto a non subire discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e la libertà di coscienza e di religione. Si ricorderà il caso del pasticcere che si rifiutò per motivi religiosi di preparare una torta nuziale per una coppia gay e che ha visto le sue ragioni accolte dalla Corte Suprema.

Lo scontro in atto sul Ddl Zan sembra presagire uno scenario simile, con il rischio dell’invocazione dell’obiezione di coscienza ben oltre il suo portato e il richiamo alla libertà religiosa a difesa del diritto di manifestazione del pensiero in termini di legittime diseguaglianze. Un’accezione di libertà religiosa ben lontana dalla nostra sensibilità e che è tuttavia presente nel panorama nazionale e mondiale, in cui si annoverano apposite legislazioni a tutela del dissenso su base religiosa, di fondo non distanti dalle pretese vaticane in casa nostra. Non stupisce pertanto il richiamo compiuto dallo stesso Presidente del Consiglio al principio supremo di laicità dello Stato che tuttavia, va ricordato, nella sua versione “all’italiana” non comporta indifferenza dello Stato rispetto al fattore religioso, ma salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale. Come tale spazio di presenza pubblica delle religioni verrà negoziato, proprio a partire dal Ddl Zan, è questione su cui molto della libertà e uguaglianza in termini di diritti verrà deciso in questo paese».

«È scaduto il tempo per gli indugi», scrive quest'estate il Coordinamento Teologhe Italiane  con le firme di diverse pastore riformate – «Sono assolutamente insopportabili e inaccettabili le cattiverie, le chiusure, gli insulti che feriscono le sorelle e i fratelli omosessuali o che affrontano difficili e delicati percorsi psicologici e sanitari per sintonizzarsi con se stessi e con la loro esperienza intima. È ora di scegliere da che parte stare. Non dalla parte di chi giudica senza capire, non dalla parte di chi vuole controllare la grazia di Dio, non dalla parte di chi teme che le differenze possano corrompere il bene, non dalla parte di una cultura che misura l’amore senza mai riferirsi alla disponibilità di dare la vita per coloro a cui vogliamo bene».

«Approvate senza modifiche il ddl Zan». È l’ ultimo appello in ordine di tempo,  rivolto ai senatori da 71 associazioni italiane, per lo più cristiane ma non solo, a luglio di quest’anno.

Fra i firmatari il Consiglio nazionale federazione femminile evangelica valdese e metodista, la Rete delle donne luterane, la Federazione donne evangeliche in Italia, le Comunità cristiane di base, la Federazione giovanile evangelica e Noi siamo Chiesa.

Il resto è storia di ieri.

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