Caso Report Rai
21 giugno 2021
Quella sentenza del Tar che fa traballare la libertà d’informazione in Rai e il diritto dei cittadini a essere informati
La recente sentenza del Tribunale Amministrativo (Tar) del Lazio che obbliga la Rai «a rendere accessibili al cittadino interessato i documenti e le interlocuzioni con soggetti pubblici» della trasmissione Report (condotta da Sigfrido Ranucci), in questi giorni è oggetto di analisi e di prese di posizione.
Il caso parte da un’inchiesta realizzata dal collega Giorgio Mottola per Report e andata in onda su Rai Tre lo scorso 26 ottobre (qui potete trovare il servizio completo) e nella quale si parla di gestioni degli appalti in Lombardia e, tra gli altri, si cita anche l’avvocato Andrea Mascetti (avvocato che ha richiesto l’accesso a tutto il materiale d’inchiesta della puntata).
«La sentenza del Tar del Lazio che autorizza l’accesso agli atti di Report, apre un precedente pericolosissimo», affermano Giuseppe Giulietti e Raffaele Lo Russo per la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e Vittorio Di Trapani per il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico Rai (Usigrai).
«Rispettare le sentenze, non vuol dire non poterle criticare. – si legge nella nota –. Anzi sono l’occasione per chiedere nuovamente al governo e al parlamento la necessità di un chiarimento urgente sulla natura giuridica della Rai. I giornalisti che fanno informazione in Rai non possono essere paragonati a funzionari della Pubblica Amministrazione. Pertanto le norme sull’accesso agli atti devono soccombere di fronte al diritto/dovere del giornalista di tutelare le proprie fonti. Altrimenti, nei fatti, si azzererebbe qualunque possibilità per i giornalisti Rai di fare il proprio lavoro, e ancor di più di fare giornalismo investigativo, così come nei doveri del Contratto di Servizio. La sentenza del Tar del Lazio condanna nei fatti il giornalista Rai ad essere un giornalista di serie “B”. Siamo certi che la Rai farà appello con urgenza in Consiglio di Stato».
La Presidente del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, Paola Spadari, trattandosi di una materia che afferisce l’agibilità della professione giornalistica e che coinvolge una testata «edita» nel Lazio, con molti giornalisti iscritti a quell’Ordine territoriale, ha ricordato gli «effetti collaterali e devastanti di una simile decisione, capace di incidere in modo pesante e inaspettato sull’offerta dell’informazione pubblica in Italia».
«Il diritto-dovere del giornalista di fare informazione – dice Paola Spadari in una dichiarazione riportata dall’Ansa – non può essere violato da un Tribunale amministrativo. Il giornalista che non rivela e protegge le proprie fonti va tutelato. Questo è il cardine della professione giornalistica esercitata in nome del diritto della collettività a essere informata attraverso il prezioso lavoro d’inchiesta. Il fatto ancora più grave è che la sentenza arrivi dal giudice amministrativo che, in questo modo, equipara il lavoro giornalistico del servizio pubblico a una qualsiasi attività di pubblica amministrazione. Nel rispetto di tutte le magistrature riteniamo prioritari i riferimenti costituzionali per la libertà d’informazione e le norme sul segreto professionale […]».