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La promessa di Dio ci dona speranza

Un giorno una parola – commento a Sofonia 3, 19

In quel tempo, io agirò contro tutti quelli che ti opprimono; salverò la pecora che zoppica, raccoglierò quella che è stata cacciata via, e li renderò gloriosi e famosi, in tutti i paesi dove sono stati nella vergogna 
Sofonia 3, 19

Quelli che erano riuniti gli domandarono: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?». Egli rispose loro: «Non spetta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni»
Atti degli apostoli 1, 6-8

Se guardiamo al nostro mondo, non possiamo non accorgerci di quanta sia la sofferenza che una parte di umanità infligge su un’altra.

Non possiamo non accorgerci delle guerre, della fame, delle persecuzioni. Non c’è rispetto per le diversità, siano essa di genere o religiose. Non c’è attenzione a che tutti possano mangiare due volte al giorno. Tutti pronti ad indignarsi, pochi ad impegnarsi. L’urlo degli affamati e assetati di giustizia è straziante, ma rimane inascoltato, per la sordità dei nostri cuori inariditi. C’è urgenza di giustizia, di pace, di gioia. C’è urgenza che l’arco dei potenti venga spezzato (I Samuele 1, 4) e che coloro che sono sazi, si offrano a giornata per il pane (I Samuele 1, 5). 

La promessa di Dio oggi è ancora l’unica voce che ci dona speranza. Lui guarda alla sua pecora che zoppica e che da sola non può farcela e a quella che è stata cacciata via. La promessa al popolo di Israele allontanato dalla sua terra e sprofondato nella vergogna della schiavitù, è la stessa promessa che oggi il Signore rivolge a tutti coloro che in qualche modo sono stati schiacciati dalla prepotenza di qualcun altro.

Una promessa che parla di gloria e fama per coloro che sono nella polvere. C’è speranza in questa promessa, ce n’è così tanta da darci la forza di guardare ad un futuro in cui «il lupo pascolerà con l'agnello e il lattante potrà mettere la mano nella tana del serprente» (cfr. Isaia 11, 6-8). Anche noi siamo chiamati a stare ogni giorno nella polvere, assieme a coloro che nella polvere sono stati gettati con la forza e che sono stati costretti a viverci, così da non essere anche noi annoverati tra gli empi, incapaci perfino di comprendere l’infinita bontà di Dio. Amen!

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