Parole che curano e cura delle parole
23 marzo 2021
Il prossimo convegno della Diaconia valdese si terrà sabato 27 in modalità online: le iscrizioni sono aperte
Il trentesimo convegno della Diaconia valdese, dopo un anno di sospensione a causa della pandemia Covid-19, si terrà in modalità online sabato 27 marzo e tratterà un tema, “Dia-logo e cura”, che, pur andando oltre la situazione contingente, sarà da quest’ultima influenzato. La presentazione dell’incontro recita infatti: «La Parola che cura e la cura delle parole. Parole e dialogo per vincere i silenzi dell’esclusione. Parole per denunciare, per pregare, per dare voce e consolare. Parole al limite della vita. Parole per trovare e dare senso, o per perdersi in strade e sentieri inesplorati. Parole ripetute, che come fili spinati marcano le frontiere; parole riscoperte che spianano cammini e accompagnano chi non ha più fiato. Parola e parole che curano».
Il primo intervento previsto, dopo i saluti istituzionali, è quello di Winfrid Pfannkuche pastore nella chiesa valdese di Bergamo, che parlerà di “dialogo e cura” in senso biblico-teologico: «Sono due parole che non ci sono, ma che devono diventare – ci anticipa per telefono –. Come il cristiano: cristiani non si nasce, ma si diventa. Di mezzo deve accadere, succedere qualcosa, deve avvenire qualcosa sul percorso tra la nascita e il diventare cristiani. Allo stesso modo la parola deve diventare dialogo, e deve avvenire qualcosa perché questo si realizzi. Vorrei fare questo percorso con chi ci segue sabato; questo sarà il primo punto dell’intervento, la parola che diventa dialogo, la genesi della parola che diventa la genesi del dialogo. Ma allora (per equazione matematica): che cos’è che abbiamo, che è in noi, e che deve diventare cura? E che cosa deve accadere sul percorso di quel qualcosa per trasformarsi in cura? Questo sarà il secondo punto dell’intervento, di cui non anticipo di più, per lasciare un po’ di suspense.
Forse ci sarà ancora del tempo per chiedersi del nesso tra la prima equazione (la parola che diventa dialogo) e la seconda: x che diventa cura, per ricostruire un eventuale percorso dalla parola alla cura. Ma, per fare questo, devono accadere (avvenire, succedere, tutti verbi d’azione carichi di significato) tante cose… Una grossa mano in questo percorrere di queste due azioni ce la darà la struttura ebraico-catechetica dell’evangelo secondo Matteo».
Il convegno è organizzato dalla Commissione sinodale per la Diaconia (Csd) in collaborazione con la Tavola valdese, la Facoltà valdese di Teologia e la Federazione giovanile evangelica in Italia e proprio in rappresentanza di quest’ultima interverrà Emma Amarilli Ascoli, attivista per i diritti della comunità LGBTQIA+.
«Non c’è solo la parola nella cura, ma anche l’attenzione alle parole, che possono ferire ed escludere. Le nuove modalità di comunicazione a cui ci siamo dovuti abituare dall’inizio della pandemia hanno fatto emergere in modo più prepotente alcuni aspetti legati alle modalità di comunicazione», osserva Emma, ribadendo l’importanza di una maggiore attenzione «nella scelta delle parole che usiamo o al significato delle lettere presenti all’interno degli acronimi che citiamo ogni giorno. A volte una semplice lettera in più può servire per accogliere fratelli e sorelle che altrimenti sarebbero dimenticati. La pandemia ha messo l’accento su aspetti che in realtà erano già presenti prima e l’attenzione al linguaggio ci può dare anche un’immagine di come viviamo quotidianamente. Ad esempio, abbiamo dovuto creare nuove parole per esprimere qualcosa di nuovo che abbiamo vissuto in quest’anno, e abbiamo compreso quanto sia fondamentale usare le parole giuste e includere nuove parole. Forse ci siamo resi anche conto della difficoltà di comunicare attraverso uno schermo, ora che abbiamo quasi più familiarità con lo scritto che non con il dialogo a voce, faccia a faccia. Scrivere le parole ci permette anche di riflettere meglio sui concetti che vogliamo esprimere. Dobbiamo continuare a farlo: i social sono pieni di hate speech e di persone che pensano che ciò che passa attraverso lo schermo non sia una vera vita, ma non è così: quanto scrivi c’è qualcuno in carne ed ossa che ti legge».
La Fgei ha lavorato sul tema della chiamata a un impegno politico e sociale nel mondo. Anche in questo caso c’è stata un’attenzione alle parole, al dialogo “sano”, corretto, rispettoso, alla necessità di ascoltare e comunicare nel miglior modo possibile. «Nell’intervento vogliamo declinare la parola come denuncia, per dare voce alle minoranze che sono rimaste emarginate, come le donne e le comunità LGBTQIA+. La Fgei da circa due anni pubblica ogni terzo giovedì del mese la rubrica “giovedì Queer”. Anche in questo caso abbiamo sempre cercato di presentare le nuove etichette e anche leggere la Parola, che può avere diverse declinazioni nella nostra interpretazione di cristiane e cristiani» conclude Emma.
Oltre ai due relatori citati, sono previsti gli interventi di Adriano Peris, direttore del reparto di terapia intensiva del Trauma Center dell’ospedale di Careggi (Firenze), e una tavola rotonda in cui si confronteranno Fulvio Ferrario (decano Facoltà valdese di Teologia, Roma), al quale sono affidate anche le conclusioni, Anna Ponente (direttrice Centro diaconale “la Noce”, Palermo), Monica Fabbri (presidente del concistoro della chiesa valdese di Milano), Andrea Gentile (Csd).
Per partecipare al convegno, che si terrà sulla piattaforma Zoom dalle 9 alle 13 di sabato 27 marzo, è necessario iscriversi entro il 25 marzo al link https://forms.gle/cYhh1gSadmm8taXw6.
Il giorno prima dell’evento verrà inviato agli iscritti il link per collegarsi.
Il programma dettagliato si trova in questa pagina.