Il creatore dei cieli
18 gennaio 2021
Un giorno una parola – commento a Neemia 9, 6
Tu, tu solo sei il Signore! Tu hai fatto i cieli, i cieli dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e tutto ciò che è sopra di essa, i mari e tutto ciò che è in essi, e tu fai vivere tutte queste cose, e l’esercito dei cieli ti adora
Neemia 9, 6
Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno
Romani 11, 36
Cosa vediamo noi, quando alziamo gli occhi al cielo? Sicuramente, non le stesse cose che vedevano i contemporanei del versetto che ci viene proposto oggi dal Lezionario Un giorno una parola. Per dire la verità, neanche quello che vedeva l’umanità solo poche centinaia di anni fa, e forse anche solo pochi decenni fa. Certo, non possiamo neanche affermare che l’umanità veda tutta le stesse cose, quando alza gli occhi al cielo, ne sono una prova le innumerevoli persone che ancora si ostinano a negare lo sbarco sulla luna. In realtà, guardiamo anche con la mente: non importa solo quello che vediamo materialmente, ma anche la nostra visione del mondo, le nostre conoscenze, chiavi di lettura, ricostruzioni della realtà.
A noi contemporanei, la visione che gli antichi Israeliti avevano del cosmo fa quasi tenerezza, e mi dispiace non poterne condividere un disegno: una specie di caverna, sorretta da immense stalagmiti e sormontata da una volta trasparente di una sostanza blu cristallina, tempestata di stelle, sopra alla quale fluttua la distesa delle “acque di sopra”, e poggiano i piedi di Dio. In basso, le “acque di sotto” e poi lo “sheol”, l’oscuro, informe, opaco regno dei morti. Viene da chiedersi dove pensavano poggiasse tutto ciò. Penso se lo domandassero anche loro. Infatti, si erano detti: “sull’abisso”, ed è facile capire come questa vaga risposta poteva scontentare un popolo con i piedi per terra come gli Israeliti. Possiamo però fare ancora nostra la loro scontentezza. Qualche cosa mi dice che la fa propria anche lo scienziato più laico e smagato, che magari le dà un nome diverso, guardando un cielo che gli offre ancora più domande che risposte. Forse, quello che ha portato gli umani a guardare il cielo e a farsi domande è stato proprio questo muto, inconsapevole, violento senso di adorazione che arriva dall’alto, e non può essere fermato, domanda che si sposta sempre avanti.