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Cristiani e musulmani e quel dialogo possibile

Si è tenuta ieri la diciannovesima Giornata nazionale del Dialogo cristiano islamico

«Una bella iniziativa quella di ieri con molti appuntamenti online - alcuni in presenza - con adesioni giunte da tutta Italia in occasione della Giornata del dialogo cristiano-islamico. Un’iniziativa che quest’anno è giunta alla sua diciannovesima edizione», ha detto stamane a Riforma.it Giovanni Sarubbi, il coordinatore nazionale della Giornata. 

Una Giornata che dopo diciannove anni «purtroppo è ancora necessaria e attuale - ha proseguito Sarubbi -, in quanto continuiamo ad assistere, nel mondo e in Italia, a troppi atteggiamenti islamofobici e episodi di intolleranza. Una Giornata che da sempre intende rimuovere tutte le possibili etichette negative che ancora oggi, nel 2020, vengono attaccate addosso persone e comunità; Una Giornata di fratellaza e condivisione per abbattere stereotipi e pregiudizi». 

Titolo scelto per la Giornata di quest'anno: «Costruiamo una sola umanità». Il dialogo cristiano-islamico, dunque, in un tempo di pandemia tra guerre, armi e ingiustizie sociali. Un impegno decisivo per curare le ferite di una società malata.

L’incontro (webinar) nazionale ha visto tante e tanti rappresentanti di fede e persone della società civile riunirsi per condividere un momento di dialogo e di reciproca condivisione.

«Come il primo giorno sentiamo forte il bisogno di impegnarci contro le guerre, la produzione delle armi e contro l’ingiustizia sociale che nega il lavoro, le cure mediche, distrugge l’ambiente e ogni spiritualità basata sul riconoscersi fratelli e sorelle con un’unica Madre Terra da amare e difendere», ha ricordato Sarubbi aprendo l’incontro online e ha proseguito, «la pandemia è stata un segnale forte per tutta l’umanità. Ci ha detto con chiarezza che non siamo onnipotenti e che abbiamo bisogno gli uni degli altri per costruire una vita degna di essere vissuta. Per questo motivo occorre superare ogni discriminazione e affermare, sempre, e come ci ricorda la nostra Carta Costituzionale nel suo Articolo 3, che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Tra i partecipanti, anche il teologo Brunetto Salvarani (ideatore e promotore del primo appello lanciato insieme a molti intellettuali giornalisti e teologi che aprì le porte alla Prima Giornata del dialogo cristiano-islamico, diciannove anni fa) e molti responsabili di chiese cristiane ed imam di moschee presenti in Italia, come l’Imam della moschea di Roma (Centocelle), Mohamed Ben Mohamed.

«Salam-Aleikum e che la pace sia con voi», ha esordito così Brunetto Salvarani salutando i presenti e ricordando quanto ritrovarsi collegati su zoom sia oggi un segno dei tempi: «Diciannove anni fa non lo avremmo mai immaginato - ha detto -. Soprattutto non avremmo immaginato che la Giornata del dialogo sarebbe durata nel tempo e così a lungo. I giorni successivi all’11 settembre 2001, dunque dopo la tragedia delle Torri Gemelle, furono molto difficili. Imposero a noi operatori del dialogo una riflessione. Eravamo stati chiamati a rispondere a una domanda: in quale direzione sarebbe andato il dialogo tra cristiani e musulmani? Pensammo, allora, di indire una Giornata ecumenica di riflessione, di condivisione. Giornata che divenne ben presto un esempio di buona pratica e di comunione tra le chiese cristiane e le comunità musulmane. Una Giornata che, sin dall’inizio, si voleva potesse essere riempita con la massima libertà dalle comunità dislocate nel Paese, dunque dalla base». 

Salvarani ha poi proseguito, «viviamo una fase della vita molto diversa rispetto a vent’anni fa. Questa Giornata giunge a un anno e mezzo dalla Dichiarazione di Abu Dhabi e dall’Enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti». Enciclica che nella premessa afferma, appunto, di essere «una dichiarazione comune di buona volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli».

La Dichiarazione di Abu Dhabi, ha ricordato ancora il teologo Salvarani, «ha avuto il coraggio di fornire nuova linfa al paradigma del pluralismo religioso con un’ambizione particolare: essere stata firmata congiuntamente dal papa e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyebe, divenendo così un modello per “tutti i dialoghi” tra le fedi. Una dichiarazione a 360° per un dialogo civile e politico». 

Salvarani ha infine affermato, «credo fortemente in quella che viene definita teologia pubblica, una teologia divulgativa, soprattutto in questo tempo di pandemia che ci vede uniti e insieme sulla stessa barca. Dunque - ha concluso-, il senso profondo che contraddistingue ogni Giornata del dialogo cristiano-islamico è (e dev’essere) il legame, il passaggio comune. Siamo un’unica umanità, e quest’umanità dev’essere vissuta, intessuta».

Già, perché rafforzare il dialogo è l’imperativo: «Un impegno  - ha chiosato Mohamed Ben Mohamed, membro dell’Associazione culturale islamica d’Italia - che sin dal 1994, anno di fondazione della nostra moschea, ci ha visti operare come parte attiva. L’unica strada possibile oggi è il dialogo. Un dialogo che deve passare attraverso la convivenza, la condivisione e l’incontro tra culture e religioni. Un dialogo che sta maturando, crescendo. Un dialogo fatto di relazioni, di amicizia, tra persone che si confrontano e che vivono esperienze concrete. In questi diciannove anni - ha proseguito Mohamed - il lavoro è stato lungo ma ha portato tanti buoni frutti. Un lavoro che culmina (a livello di visibilità, ndr) con la Giornata del 27 ottobre (data che ricorda l’incontro tra le religioni voluto da papa Giovanni Paoplo II ad Assisi nel 1986, ndr) ma che condividiamo quotidianamente, giorno, dopo giorno, tra cristiani e musulmani; un cammino proficuo e comune. L’impegno dev’essere quello di portare avanti lo “sforzo” del dialogo, sempre, nella vita quotidiana e, malgrado le difficoltà, anche in tempo di pandemia. Oggi, un pensiero vorrei rivolgerlo ai fratelli musulmani che vivono in Francia, comunità talvolta osteggiata. E voglio ricordare anche ai fratelli francesi che oggi non possiamo erigere nuovi muri, barriere, oggi servono solidarietà e condivisione. Come musulmani, e lo ricordo con forza, da sempre condanniamo chiunque usi la violenza in nome delle religione e della fede».   

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