Rosh Hashanah, il nuovo anno all'insegna della vita
21 settembre 2020
Il messaggio per il nuovo anno ebraico dalla presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni
Con la festività di Rosh Hashanah ha preso il via il nuovo anno del calendario ebraico, il 5781.
Pubblichiamo qui di seguito l’intervento della presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni:
«La vita ebraica è scandita da un calendario lunare. Si sta chiudendo l’anno 5780 e avviando l’anno 5781, dal primo di Tishrì. Un conteggio ancorato alla genesi del mondo e non alla genesi del popolo ebraico o di un suo patriarca. Le feste ebraiche, così come la celebrazione settimanale del riposo sabbatico inizia dalla sera, dal tramonto – sempre con una spiegazione rintracciabile nella creazione del mondo – riferendo al creatore la constatazione “e fu sera e fu mattino”.
Mentre il conteggio degli anni è riferito a questo momento globale che riguarda l’intera umanità che passa dinanzi a Dio per il giudizio universale, il conteggio dei mesi è invece riferito alle vicende del popolo ebraico e il primo mese nel conteggio biblico è quello dell’uscita dall’Egitto – la conquista della libertà, formazione di una coscienza collettiva che porta poi al dono della Torah.
Il nostro Capodanno è collocato in un periodo dell’anno in cui il ciclo della vita riavvia una fase agricola del raccolto e della vendemmia, di ripresa degli studi dopo la stagione estiva e un intero mese – quello di Elul – dedicato alle preghiere di scuse e di introspezione.
Stagione che porta con sé nuove promesse e nuove speranze. Tempo di bilancio e di preghiere che recitiamo e tramandiamo da millenni, tempo di testimonianza e di affermazione che la nostra esistenza come genere umano non è solo del presente anno, che va e che viene, ma dalla creazione del mondo, e che il giorno del giudizio si estende a tutti coloro che sono giunti in questo mondo e che ci arriveranno.
Nella porzione di lettura biblica della scorsa settimana abbiamo letto proprio questo, con riferimento al momento in cui il popolo di Israele sta per attraversare il Giordano, di commiato da Mosè che ancora una volta tramanda e raccomanda di seguire la strada del bene. E precisa (parashà di Nizavim): chi è presente in quel momento non è solo chi è fisicamente presente ma anche le future generazioni per le quali si vive e alle quali si tramandano insegnamenti. Primo fra tutti quello di scegliere la vita. E questi insegnamenti non sono lontani nel cielo irraggiungibile né oltre il mare, né qualcuno di speciale deve andare a portarceli, ma sono qui, molto vicino a noi, dentro di noi, e dipende dalla nostra capacità di volerli trovare e applicare.
L’augurio che in ebraico ci scambiamo, “shanà tovà” (“buon anno”), è in fondo molto semplice e poco pretenzioso ma racchiude in sé un equilibrato auspicio, consapevoli di quanto le nostre vite siano complesse e abbinano diverse dimensioni e fatiche. Forse a suggerirlo è la millenaria saggezza che augurarsi il buono è più che significativo.
L’anno appena passato che si chiude con l’emergenza del virus, e si riapre con la permanenza, ha travolto le nostre certezze, le nostre corse in giro per il mondo e la frequentazione assidua di luoghi e persone a noi care, con le feste celebrate solo con i familiari più stretti, con limitazioni nella presenza in sinagoga, chiusure e frustrazioni, ci ha imposto nuove prescrizioni e riconsiderazioni dei nostri modi di vivere ma ha anche confermato pienamente le antiche parole incise e ripetute da secoli: scegliere la vita. Proteggerla, essere responsabili per noi e per gli altri.
Scegliere anche una vita che abbia un significato pieno di partecipazione cittadina, consapevolezza delle nostre responsabilità verso una società civile che desideriamo preservare e migliorare. Lottare contro ogni forma di odio e pregiudizio, sostenere la ricerca scientifica. Un convivere in un contesto italiano ed europeo sorretto da formidabili presidi democratici che abbiamo contribuito a scrivere e statuire, da tramandare ai giovani.
La tavola della cena che celebra il Capodanno è caratterizzata da cibi dolci che simboleggiano l’augurio di fecondità e di dolcezza, di salute, di pace e di cessazione di nemici e odiatori. Qualcosa in fondo si è avverato anche in questi ultimissimi giorni, qualcos’altro sicuramente sarà accolto nei prossimi giorni di intensa introspezione e di continua ricerca del bene.
Shanà Tovà».