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Il comandamento dell’amore

Un giorno una parola – commento a Giovanni 13, 35

L’odio provoca liti, ma l’amore copre ogni colpa
Proverbi 10, 12

Dice il Signore Gesù Cristo: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri»
Giovanni 13, 35

Non “se”, ma “quante volte” ti è capitato di provare un profondo disagio in una qualsiasi riunione di chiesa? Davanti a sentimenti di possesso personale o familiare su luoghi e attività, presunzioni di primato, autostima alle stelle che fanno sì che la vita comunitaria sia vissuta al di sopra di questo comandamento. Pensieri del tipo: «Lo conosciamo già, e talmente bene che possiamo insegnarlo, figuriamoci se non l’abbiamo già imparato… E comunque noi amiamo spontaneamente, e non perché ci è comandato…».

Armido Rizzi, teologo cattolico recentemente scomparso, scrisse: «Solo l’amore può essere comandato; l’amore può essere solo comandato». Unico cuore del comandamento cui non è data altra forma che il comandamento. 

L’amore che dobbiamo è comandamento, non compimento. Cristo amò i discepoli fino alla fine e salì sulla croce, questo è il solo compimento dell’amore.

L’amore è già realizzato, in Cristo. A noi è comandato, con parola esterna, autorevole, anche autoritaria, se volete. Occorre eseguire l’ordine, e non limitarsi a trasmetterlo. Occorre obbedire anche per un principio di autorità (l’ha detto il Signore!) e occorre impegnare la testa e il cuore in un costante confronto di ascolto e di preghiera tra la nostra volontà e la sua. Occorre non stimare se stessi più degli altri e… più di Dio.

Occorre pure opporsi, combattere, togliere ogni legittimità alle illusioni e alle tentazioni descritte sopra. Infine, combattere la disobbedienza stessa, che offusca il compimento, cioè l’amore di Cristo, e che è la causa prima della nostra scarsa evangelizzazione. Perché pochi prendono sul serio un regno in cui le leggi sono le migliori, ma vengono obbedite quando pare e piace.

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