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Fine vita, Welby e Cappato assolti ancora una volta

Dopo il caso di Fabiano Antoniani, ancora una assoluzione per i due referenti dell'associazione Luca Coscioni

Il fatto non sussiste reato per l’accusa di istigazione al suicidio e il fatto non costituisce reato per l’accusa di aiuto al suicidio. Mina Welby e Marco Cappato, difesi dall’avvocata Filomena Gallo, sono stati assolti ancora una volta dai giudici dopo il 2019 quando Cappato venne scagionato dalle medesime accuse nel caso di Fabiano Antoniani, Dj Fabo, e dopo le pronunce della Corte Costituzionale del 2018 e del 2019 che hanno regolato i paletti nel cui perimetro possa venir ritenuto non colpevole chi agevoli «l’esecuzione del proposito di suicidio» e hanno chiesto a gran voce al Parlamento di legiferare in materia. Per ora invano, per cui tecnicamente l’aiuto al suicidio è ancora reato sebbene oramai le sentenze dei vari tribunali stiano andando in altra direzione. 

Il caso in questa circostanza riguardava Davide Trentini, malato di sclerosi multipla da trent’anni ma non costretto a vivere attaccato alle macchine, per cui con la sentenza di ieri si allarga il margine di applicazione della sentenza dei giudici costituzionali. I giudici hanno dunque interpretato in senso più ampio l’idea di sostegno vitale includendo le terapie farmacologiche.

Già il pubblico ministero, l’accusa, aveva chiesto una condanna ai minimi di legge e con tutte le attenuanti generiche ritenendo il gesto, l’accompagnamento di Trentini in Svizzera nel 2017, dettato da nobili intenti. Nel mentre sono decine i nostri connazionali, che nel silenzio si sono recati oltralpe per porre fine alle proprie personali sofferenze senza che alcun procedimento penale sia stato aperto. Serve una legge, veramente non più rinviabile.

Le chiese battiste, metodiste e valdesi da anni hanno avviato un percorso che è sfociato nella produzione di un documento intitolato “È la fine, per me l’inizio della vita. Eutanasia e suicidio assistito: una prospettiva protestante”, il cui contenuto è stato illustrato al Sinodo 2017 e, come da procedura, era stato inviato allo studio delle chiese locali per poi venire assunto dalle chiese durante il Sinodo 2018 quale «autorevole orientamento di pensiero offerto ai singoli e alle chiese».

 

 

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