La resilienza della fede
29 giugno 2020
Un giorno una parola – commento a II Corinzi 4, 8-9
Daniele disse al re: «Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso la bocca dei leoni; essi non mi hanno fatto nessun male
Daniele 6, 22
Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi
II Corinzi 4, 8-9
Dov’è Dio quando soffro, quando le cose vanno male nella mia vita? L’esperienza di vita dell’apostolo Paolo è un catalogo delle sofferenze, ma Paolo da vero credente afferrato da Cristo, non si chiede mai: “dov’è Dio?”, ma guarda piuttosto a come Dio si manifesta nella sua vita, nelle afflizioni che sono il pane quotidiano del suo ministero apostolico.
La domanda: “Dov’è Dio quando soffro?” è esterna alla fede; presuppone un Dio debole, incapace di intervenire nella vita degli esseri umani, un Dio dimissionario, che ha abbandonato le sue creature, insensibile alle loro sofferenze o che gode quando esse soffrono, insomma, un Dio cinico. Paolo ci insegna che non bisogna chiedersi “dov’è Dio nella sofferenza?”, ma che bisogna prendere coscienza della propria fragilità umana e dei propri limiti e affidarsi a Dio. La richiesta dell’aiuto di Dio nella sofferenza è una domanda interna alla fede, che non mette in discussione Dio, lo interpella con fiducia, così come Gesù stesso si è rivolto a lui: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Tale è la domanda che non ha nulla di offensivo per Dio, ma al contrario, lo prende sul serio.
Paolo rende testimonianza a un Dio che gli è sempre stato vicino, nelle tribolazioni, perplessità, persecuzioni e negli abbattimenti,per tirarlo fuori da tutte le situazioni di pericolo che attentavano alla sua vita, per permettergli di continuare la sua opera di evangelizzazione. Nonostante le difficoltà riscontrate, niente e nessuno ha potuto fermare la corsa della Parola di Dio, perfino il carcere era per Paolo un’occasione per annunciare la Buona Novella. Il Dio da lui predicato non è un Dio che risparmia i suoi dalle umane sofferenze, ma un Dio che rivela la sua potenza nella debolezza umana e a cui spetta l’ultima parola sulle nostre vite.
È proprio quando pensiamo di aver toccato il fondo della disperazione, e che viene la voglia di piangersi addosso e di chiudersi nei propri pensieri che dobbiamo guardare con fede a Dio e avere coscienza di ciò che Dio è per noi. Con il suo “ma”, Paolo ci invita alla resilienza della fede, insegnandoci ad affrontare ogni situazione di crisi che possa minacciare la nostra vita con fiducia e coraggio, sapendo che Dio ci sta accantoper incoraggiarci, per trasformare le nostre debolezze nella sua forza, e le nostre sofferenze nella sua vittoria.