Fare ciò che è gradito al Signore
30 aprile 2020
Un giorno una parola – commento a I Giovanni 3, 21-22
Dio è buono verso Israele, verso quelli che sono puri di cuore
Salmo 73, 1
Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio; e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo ciò che gli è gradito
I Giovanni 3, 21-22
Giovanni afferma nella sua epistola che Dio – che è amore (I Gv. 4, 8)– gradisce che noi, suoi figlioli, ci comportiamo in modo degno del suo nome, muovendoci in un ambito di amore.
Ben sappiamo che l’amore fuga ogni paura e lo possiamo vivere solo in un ambito di libertà (cfr. 1 Gv 4, 18/Gal 5, 13). Dunque, se amiamo veramente siamo affrancati dalla Legge, quell’insieme di norme che sembrano tanti paletti che recingono l’esistenza umana: “questo si fa, questo no…”.
Un solo recinto va superato nel segno dell’amore: il recinto del nostro egoismo; superato quello io non ruberò, non ammazzerò, non agirò con falsità non perché la legge me lo vieta, ma perché è il mio amore per gli altri che me lo vieta, è il mio amore per te, perché in te scorgo l'immagine di Dio, del Dio Amore che mi abilita al bene, che mi insegna a perdonare, a condividere e a pregare il Padre con te.
Talvolta, però, i nostri pensieri ci inibiscono dal fare il bene, perché siamo condizionati da tanti preconcetti che ci offrono il pretesto, grazie al quale possiamo esimerci dal fare il bene.
Ricordiamoci, allora, che il non fare bene, come dice Giacomo, equivale a peccare (Gc 4,17) e questo allora è il momento di scegliere se restare nel recinto dell’egoismo e del male o scavalcarlo e aprirsi all’amore, al bene.
Ecco allora l’uomo nuovo, l’uomo che supera i suoi limiti e, sull’esempio di Cristo, mette la sua vita al servizio degli altri. Allora egli potrà prosperare, e nella sua fiducia sa di poter chiedere con la certezza di poter ricevere, perché quel che riceveremo non sarà solo per noi ma anche per gli altri.