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Cassazione su Rackete: «Una pronuncia di enorme rilievo giuridico»

L'avvocato Giulio Vasaturo commenta le motivazioni della Cassazione che hanno portato la Corte all'annullamento dell'ordine di arresto della capitana della nave Sea Watch

All’1.50 del 28 giugno 2019 la comandante Carola Rackete entra in porto a Lampedusa «forzando il blocco», si disse, per far sbarcare in un luogo sicuro la nave Sea Watch 3 con 43 rifugiati a bordo. Nel farlo una motovedetta della Guardia di finanza è «speronata», «toccata», nella fase della  manovra d'attracco. Il giorno seguente, il 29 giugno, la Procura di Agrigento contesta a Carola Rackete e alla Sea Watch 3 il reato di resistenza e violenza a una nave da guerra, ma la Gip Alessandra Vella non convalida l’arresto.

 Oggi la Cassazione afferma che la capitana Rackete agì correttamente «seguendo le disposizioni sul salvataggio in mare perché l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro». 

Due domande a Giulio Vasaturo, avvocato, fra i molti impegni anche quello di legale per la Federazione nazionale delle stampa in difesa dei giornalisti aggrediti e consulente/esperto dell'Autorità Garante Nazionale dei Diritti delle persone detenute e private della libertà personale nell'area della privazione della libertà in ambito penale per adulti e minori.

Avvocato Giulio Vasaturo, come commenta quest’ultima sentenza?

«E' una pronuncia di enorme rilievo sul piano giuridico che è destinata ad orientare la giurisprudenza in materia di accoglienza ai migranti. La Cassazione, confutando una tesi ricorrente e pur autorevolmente sostenuta in dottrina, ha fissato l'imprescindibile diritto/dovere a far sbarcare a terra i naufraghi soccorsi in mare, a prescindere dalle loro condizioni di salute. Per la Suprema Corte, la nave non è un "luogo sicuro" (place of safety) ove trattenere i migranti e, soprattutto, va loro assicurato il diritto, sancito dalla Convenzione di Ginevra, a scendere a terra per avanzare richiesta di protezione umanitaria. A fronte di questa fondamentale decisione, sarà assai arduo sostenere, come taluni hanno fatto sin qui, che i migranti possono essere confinati per lunghi giorni a bordo dei natanti delle ong o delle navi militari e sottoposti ad interminabili attese in acque antistanti le coste italiane». 

È stato escluso anche il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, di cui era accusata la donna. Secondo i giudici della Cassazione «le navi della Guardia di finanza sono certamente navi militari, ma non possono essere automaticamente ritenute anche navi da guerra», a suo avviso è corretta questa definizione?

«La sottile questione giuridica inerente la qualifica formale della motovedetta della Guardia di Finanza ha, invero, scarsa rilevanza a fini pratici. E' una tematica che appassiona, più che altro, i più raffinati studiosi del diritto della navigazione. La Cassazione ha stabilito espressamente che lo specifico reato di resistenza a "nave da guerra" previsto dal codice della navigazione sarebbe stato comunque escluso, nel caso di specie, dall'adempimento del dovere di soccorso in mare. Ciò detto, la ricostruzione del quadro giuridico che ha portato la Suprema Corte a respingere a priori, anche solo in astratto, la configurabilità del delitto specificamente previsto dall'art. 1100 del codice della navigazione, aderendo in pieno alle conclusioni del Gip di Agrigento, appare assolutamente solida e persuasiva». 

I capigruppo della Lega di Camera e Senato hanno dichiarato che con questa sentenza: «non solo è possibile aggirare il decreto sicurezza bis ma anche che le leggi del Parlamento per tutelare la sicurezza nazionale possono essere tranquillamente superate con una sentenza» è così?

«Alla Cassazione è affidato il compito provvidenziale di garantire il rispetto della legge, assicurando l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione dei canoni di diritto. In realtà, la Suprema Corte ha evitato, con questa sua fondamentale decisione, che talune leggi recentemente introdotte nel nostro ordinamento possano essere applicate in maniera distorta e lesiva dei diritti primari della persona, come universalmente riconosciuti. Semmai, questa eminente pronuncia vale a sollecitare, ancora una volta, l'improcrastinabile esigenza di modificare i decreti sicurezza e tutta la controversa normativa in materia di accoglienza ai migranti, in ossequio ai principi costituzionali e di diritto internazionale umanitario». 

 

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