Tempo della Passione – Il viaggio verso la Liberazione
20 febbraio 2020
Heiner Bludau, Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia, sulle sette settimane che precedono la Pasqua
Con il mercoledì delle Ceneri inizia il tempo della Passione; da mercoledì 26 febbraio a sabato 11 aprile, Sabato Santo, sono esattamente 46 giorni. In Italia, non solo nel mondo strettamente cattolico, questo periodo viene chiamato Quaresima, inteso come tempo di digiuno. Infatti molte persone usano queste sette settimane, questi 40 giorni (la domenica è esclusa in quanto giorno del Signore), per digiunare. Nel senso di rinunciare consapevolmente a qualcosa. Niente carne, niente dolci, niente alcolici, o al giorno d’oggi anche niente cellulare. La Chiesa Evangelica Tedesca, Ekd, da diversi anni promuove la campagna “7 settimane senza“, dove il “senza” acquisisce ogni anno una diversa declinazione. Nel 2019 era senza bugie. Sette settimane senza bugie. Quest’anno invece sarebbero sette settimane senza pessimismo. Impresa tutt’altro che facile di fronte all’incertezza politica, all’avanzata del radicalismo di destra, al razzismo e all’antisemitismo e alle più che ovvie conseguenze del cambiamento climatico. E in quest’ottica questo proposito diventa ancora più importante. Se mi faccio portare dal pessimismo e mi arrendo alla sofferenza, sono paralizzato. Volgersi verso la vita, verso la resurrezione, significa invece muoversi, agire.
La parola passione deriva da “pati“, latino per soffrire o sopportare. La fede cristiana secondo la dottrina di Lutero poggia sulla base del fatto che Cristo ci ha liberati attraverso la sua sofferenza e la sua morte. Per me, quindi, il tempo della Passione non è un tempo in cui la sofferenza, compresa la mia sofferenza, la mia rinuncia, è in primo piano, ma è la via di Cristo verso la croce. E io, noi lo accompagniamo, partiamo con lui. Nella mia interpretazione e secondo Lutero il tempo della Passione non è un tempo di sofferenza, ma piuttosto un tempo che richiama alle fondamenta della vita. Un tempo che ci porta alla liberazione attraverso Cristo. Attraverso la sofferenza di Cristo.
Noi protestanti siamo spesso accusati di essere pessimisti, di essere troppo orientati alla sofferenza. Ma lo siamo davvero? Non è piuttosto l’accompagnamento consapevole della via di Cristo verso la croce, un vivere cosciente della Buona Novella, un muoversi verso la liberazione? La morte di Cristo ci porta la liberazione e ci richiama ad un dovere. “Voi siete stati riscattati a caro prezzo”, scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Corinzi (1 Cor 7,23). Ed è proprio così! E questo è un motivo in più per prendere il tempo della Passione come tempo per prendere coscienza, per fare ordine e pulizia. Nella nostra vita. Nelle nostre relazioni, nei nostri progetti. Riordinare senza però chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza. Per me personalmente il Tempo della Passione coincide con l’impegno di guardare a me stesso non semplicemente come creatura di Dio, ma come essere umano liberato da Dio. E come tale capace di percepire gli abissi senza scivolare nel pessimismo. Infatti, “riscattati a caro prezzo”. Ed è questo che ci conferisce valore.
Ora, non voglio essere frainteso, non voglio pregiudicare le proposte quaresimali. La rinuncia ci aiuta a concentrarci sull’essenziale. Ci aiuta a liberarci dal superfluo. A mettere ordine. Fare spazio, spazio all’essenziale. Fare spazio a ciò che ha davvero senso nella vita. Senso per me stesso e senso per gli altri. Spazio per gli altri, per l’altro. “Il vero digiuno”, dice il profeta Isaia, “è saper dividere il pane con chi ha fame.” E tutto questo nella felice consapevolezza di essere stati “riscattati a caro prezzo”.
Tratto da chiesaluterana.it