Il limes cattolico, convegno metodista mercoledì 12 a Roma
10 febbraio 2020
Settima edizione del convegno metodista, ce lo presenta la professoressa Silvana Nitti
Si intitola «Il limes cattolico. Ambizioni e strategie del metodismo per l’Italia unita» il convegno che si tiene mercoledì 12 febbraio a Roma, con inizio alle 10 aula Paleografia, II piano, sezione di Storai medievale della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza, per l’organizzazione del Centro di documentazione metodista in collaborazione con la Sapienza – Università di Roma. Il titolo mostra tutta la complessità dell’argomento e del periodo che sarà oggetto di studio, ma prima di tutto dell’operazione, di più ampie proporzioni, che sottende all’evento stesso. Ne parliamo con Silvana Nitti, docente di Storia del cristianesimo e delle chiese all’Università «Federico II» di Napoli.
«Questa è la settima edizione del convegno – ci dice –: i precedenti, di cui abbiamo pubblicato sempre gli Atti con l’editore Carocci, si sono svolti tutti in collaborazione con La Sapienza: una collaborazione in un primo momento limitata all’organizzazione in comune dei convegni, e poi però consolidata attivando, con un contributo Otto per mille, un dottorato in Studi metodisti, che si è tenuto nella prima Università pubblica di Roma; ora poi si darà luogo a un ulteriore progetto che consisterà nello svolgere nell’arco di diversi in alcuni anni una vera e propria “storia dei metodisti in Italia”: una storia che non sarà limitata alla sola disciplina storica, ma comprenderà punti di vista di discipline diverse, teologia, sociologia, musica, architettura e via dicendo. A questo stiamo lavorando, e il convegno di quest’anno serve anche a mettere a fuoco questo passo ulteriore».
– Il limes è concetto che rimanda a un’idea di “soglia”: una frattura, un modo diverso di concepire la fede: di che cosa si tratta?
«Questo è sicuramente vero, ma in più c’è un altro aspetto. Poiché il convegno si incentra soprattutto sui primi cinquant’anni dello Stato unitario, il titolo ci rimanda anche a come “veniva vista” l’Italia da parte dei metodisti che arrivavano nel nostro paese dall’estero; indica anche il “perché” venivano qui. Si vedeva qui come un confine di civiltà, un luogo dove si poteva misurare la distanza fra cattolicesimo e protestantesimo, un luogo in fin dei conti “di missione”. L’idea della missione, la prima in ordine di tempo, che partì dall’Inghilterra da parte dei metodisti wesleyani era di fatto la speranza di convertire l’Italia all’Evangelo. Più avanti invece, la missione episcopale che veniva dagli Stati Uniti, ebbe addirittura l’idea di costruire una nuova classe dirigente italiana, che fosse “illuminata dall’Evangelo” e libera da quelle che erano considerate le superstizioni di Roma. L’Italia unita, peraltro importantissima anche da un punto di vista delle strategie internazionali per questi paesi (equilibri europei ma anche nel Mediterraneo...), era il luogo dove si sarebbe potuta manifestare una dirompente unità nell’Evangelo. Poi le cose sono andate diversamente...».
– La formazione di una «classe dirigente metodista» è al centro di una delle relazioni del convegno: è un problema che il nostro paese si porta dietro ancora...
«In un primo momento – in realtà – soprattutto i metodisti inglesi non avevano l’intenzione di edificare solo una chiesa metodista, ma pensavano di predicare l’Evangelo per suscitare una vera e propria riforma all’interno del cattolicesimo italiano. Poi si resero conto che dovevano porsi un obiettivo più circoscritto e definito, quale la costruzione di una chiesa evangelica. E questo fecero, inizialmente soprattutto al Sud. Invece gli episcopali americani avevano, in misura ancora maggiore, l’obiettivo della formazione: studieremo il caso specifico dell’istituto di Mone Mario a Roma, istituto di studi superiori di altissimo livello, anche parlando dell’immobile che lo ospitava, dai punti di vista architettonico e paesaggistico. Era stato costruito allo scopo di formare i giovani che avrebbero dovuto rinnovare la classe dirigente in Italia».
Una giornata di studi impegnativa, dunque, che prende le mosse alle 10 con i saluti (Gaetano Lettieri, direttore del Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo della Sapienza; pastora Mirella Manocchio, presidente dell’Opera per le chiese metodiste in Italia e Silvana Nitti). A seguire le relazioni nella mattina: Augusto D’Angelo («Il sito storico-politico dell’Italia di fine Ottocento – inizio Novecento»); Alberto Melloni («La questione religiosa in Italia tra il 1900 e il 1915»); Tim R. Wooley («Le strategie del metodismo inglese per l’Italia, 1860-1915»); Alfred T. Day («Le strategia del metodismo americano per l’Italia, 1860-1915»). Nel pomeriggio Marco Novarino («I metodisti italiani e la massoneria all’inizio del XX secolo»); Paolo Zanini («Il pericolo protestante. LA polemica cattolica anti-protestante tra epoca liberale e regime»); Luca Castagna («La questione religiosa nelle relazioni italo-americane») e infine Daniele Garrone («La formazione della classe dirigente metodista nell’Italia unita: il caso della scuola di Monte Mario»). Per informazioni: [email protected].