Coronavirus, che non sia un alibi per la sinofobia
07 febbraio 2020
La solidarietà dei battisti, nel giorno in cui Mattarella sceglie di far visita a una scuola romana con alta percentuale di alunni di origine cinese. E le testimonianze di due pastori, un italiano e un cinese, che a Milano praticano l'integrazione: Massimo Aprile e Michele Wong
Il bilancio delle vittime dell’epidemia di coronavirus in Cina ha raggiunto quota 563. Al di fuori della Cina continentale, sono stati confermati almeno 230 casi, tra cui due morti, uno a Hong Kong e un altro nelle Filippine.
Ma quello che non si può misurare è il clima di paura e la discriminazione, più o meno latente, verso la comunità cinese.
Proprio contro il dilagare di questi fenomeni, l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (Ucebi) ha espresso «Solidarietà e vicinanza alle Chiese cinesi e alla comunità cinese in Italia, così come al popolo cinese. La Bibbia – si legge in un comunicato del presidente Ucebi Giovanni Paolo Arcidiacono – ci ricorda di continuo che l’accoglienza e la solidarietà nei confronti dello straniero sono virtù da coltivare e custodire gelosamente».
A Milano, intanto, il pastore Michele Wong, 64 anni, due figli, ha deciso di sospendere le predicazioni, che normalmente si svolgono presso la chiesa battista di Milano, in via Pinamonte. «Abbiamo deciso di fare una pausa per la paura del contagio, soprattutto per i credenti che in questo periodo, in occasione del Capodanno cinese, vanno o tornano dalla Cina». Una quarantina di persone che ogni domenica partecipano ai culti e che vengono aggiornate sulle letture anche via wechat, il sistema di messaggistica più usato in Cina. Il pastore Wong non registra alcun episodio discriminatorio diretto alla sua persona ma dice di aver «sentito che ci sono stati alcuni connazionali guardati male». Quel che è certo è che «appena possibile, già settimana prossima, vogliamo ricominciare la nostra attività come di consueto».
Proprio dalla chiesa battista di via Pinamonte, il co-pastore battista che la guida, Massimo Aprile, ha voluto lanciare una provocazione via social, prendendo le mosse dal Vangelo di Luca, con la parabola del Buon Samaritano (Luca 10, 25-37) e dall’episodio in cui Gesù guarisce un lebbroso (Luca 5, 12-16).
«L’idea di fare questo post, ieri, sulla mia pagina facebook, in cui chiedo alle persone di spiegare come reagirebbero di fronte a una persona asiatica che tossisce in metro – spiega Massimo Aprile – nasca dal fatto che ho colto la percezione di un disagio e di un’ambivalenza rispetto al pericolo della diffusione del virus e al senso di colpa che alcune persone hanno, come cristiani, nel percepire questa paura del contagio. Sono emerse delle preoccupazioni di tipo diverso, una per se stessi, un’altra è quella di diventare noi stessi un pericolo per gli altri ma è mancata in qualche modo l’empatia per il dramma sociale e personale di chi viene emarginato, considerato un untore. Ciò dimostra che abbiamo bisogno di discuterne: la preoccupazione in sé non è sbagliata ma la disumanizzazione dell’altro è un problema. Vivere la tensione tra proteggere e proteggersi da un contagio e sottrarsi alla diabolica tentazione di produrre razzismo ed emarginazione – continua il pastore – dev’essere una questione viva nel cristiano».
Tenendo bene a mente come si comportò, secondo il testo sacro, Gesù quando guarì il lebbroso: lo toccò. «Ma ci sono modi diversi per declinare quello stesso gesto, ad esempio mettendosi nei panni di chi viene guardato con sospetto, avvicinandosi a chi pensiamo sia vittima di un pregiudizio, basta rompere l’isolamento di chi vediamo in difficoltà. Noi a Milano ospitiamo una chiesa cinese (quella del pastore Wong di cui sopra, ndr) e abbiamo deciso domenica scorsa di devolvere a loro metà della nostra colletta, in segno di solidarietà e vicinanza, considerati anche gli ottimi rapporti di amicizia che ci legano. Nel capoluogo lombardo l’integrazione è reale».
A Roma, intanto, ieri mattina il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato a sorpresa la scuola elementare Manin, all’Esquilino, un quartiere multietnico, con altissima presenza della comunità cinese. Per provare a contrastare anche il virus della psicosi e della sinofobia.