Antisemitismo : è ora di debellarlo in Europa
06 dicembre 2019
Persiste nel vecchio continente una patologia che prelude sempre ad altre discriminazioni e forme di razzismo. L’intreccio pericoloso con le varie forme di nazionalismo e le accentuazioni che vengono dalla rete
Episodi di antisemitismo – omicidi, aggressioni fisiche, insulti e minacce nei media, profanazioni di luoghi di culto e cimiteri ebraici – segnano un risorgere preoccupante in più paesi d’Europa, in Francia, in Germania, nel Regno Unito e altrove, secondo le statistiche rilasciate dai governi. I dati registrati sono una sottostima del fenomeno perché riflettono le denunce esplicite, e non la miriade di casi che restano ignoti. Anche in Italia, secondo l’Osservatorio antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea, vi è un crescere di minacce, insulti, atti vandalici e violenza digitale.
È una patologia che persiste, ricorre ancora 75 anni dopo lo sterminio nazista, appare muoversi per l’Europa senza complessi, rimuovendo tabù, riesumando vecchi stereotipi quali il potere finanziario e politico eccessivo degli ebrei e l’invenzione falsificatrice di un complotto mondiale da questi ordito. Nelle società dell’est europeo, in particolare – Polonia e Ungheria in primis – ma anche negli Stati Uniti proliferano falsità fino ad attribuire agli ebrei la volontà di demolire attraverso l’ingresso di immigrati dall’Africa, dal Medio Oriente o dall’America Latina la supremazia dell’etnia “bianca”. Una recente indagine condotta dall’Anti defamation League americana in 18 Paesi fra cui numerosi europei conferma il prevalere di forti stereotipi antisemiti – il potere economico, la “doppia lealtà” rispetto al proprio paese e a Israele, l’ossessione della memoria dell’Olocausto – in Polonia, Ucraina, Ungheria e Russia; assai meno in Svezia, Olanda, Danimarca, Germania e anche Italia.
Dell’antisemitismo, della sua lunga, orribile storia nell’Europa sono gli ebrei a soffrire, ma esso è un indice acuto del malessere di una società, del degrado di forme di convivenza civile e democratica. Riflette partiti e movimenti che esaltano l’identità etno-nazionale o persino razziale, l’intolleranza del diverso, il rifiuto dei diritti delle minoranze. Minoranze come quella ebraica, per la quale una società aperta e plurale in cui le molteplici identità, culture, comunità siano rispettate, è una condizione vitale di esistenza.
Non vi è un antisemitismo di stato come fu nel Novecento; in generale, le istituzioni pubbliche sono impegnate nel combattere rigurgiti antisemiti con un’azione di educazione alla memoria, vigilanza e prevenzione. Vi sono leggi severe contro la discriminazione razziale e religiosa, il negazionismo. Ma l’azione di repressione appare insufficiente: in diversi segmenti della società europea restano zone di connivenza, copertura o sorda passività che alimentano un senso di impunità in coloro che predicano ostilità contro gli ebrei.
Lo conferma l’indagine condotta dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali (www.fra.europa.eu) che ha pubblicato il secondo sondaggio – il primo risale al 2013 – circa la percezione dell’antisemitismo come pericolo, sulla base di interviste con 16.500 cittadini ebrei in 12 paesi dell’Unione europea. Ben l’85% degli intervistati ritiene che antisemitismo e razzismo siano il problema più grave dell’ Europa (l’Italia fa eccezione al riguardo); l’89% che l’antisemitismo, specie quello diffuso dalla rete, si sia accentuato nei loro Paesi. Ne risulta un sentimento di insicurezza fisica che influisce sul modo di vita, una minaccia per il presente e il futuro degli ebrei europei, oggi appena 1,5 milione, solo il 10% degli ebrei del mondo.
Il 70 % degli intervistati ritiene che l’azione dei governi non sia sufficiente nel reprimere la barbarie antisemita. In questo senso l’annuncio fatto alcuni giorni or sono nel corso di un dibattito a Roma dal ministro degli Affari Europei Amendola dell’intento del governo di nominare un Commissario ad hoc contro l’antisemitismo sul modello di quanto avvenuto in Germania è certamente qualcosa di positivo.